1 di Avvento 29 Novembre 2015

1Avvento2013bis

Ricominciamo: prima Domenica di Avvento, quest’anno in compagnia di Luca. E oggi, in sua compagnia, iniziamo il tempo di preparazione al Natale. Ancora una volta.
Riflettevo, proprio ieri, su quanti Natali ho preparato e vissuto in questa mia vita. Cristo è nato, è vissuto, è morto ed è risorto, ma io sono qui per lasciarlo ancora nascere nella mia vita.

Fra la sua venuta, tanti anni fa, e il suo ritorno alla fine della storia, ci sono io, ci siamo noi, in questo tempo, oggi. Ogni anno ripercorriamo la storia della salvezza, ogni volta ascoltiamo gli stessi vangeli, torniamo allo stesso punto ma, come una spirale, ad un livello più profondo… speriamo! Oggi le ragioni per essere scoraggiati sono molte: violenza, terrorismo e paura; la crisi economica che si fa molta fatica a superare; le difficoltà politiche, la Chiesa che sembra faticare a rilanciare la fede, schiacciata datroppepauree da qualche incoerenza di troppo. Facciamo fatica… è proprio vero! Abbiamo bisogno di un Redentore.

Con questa domenica inizia il tempo di Avvento.

Ad-ventus vuol dire letteralmente qualcosa che ti viene incontro, che sta venendo verso di te. Dio, ci vuole fare un regalo; ci ha invia un dono. Lo accoglieremo? Natale è questo: Lui viene. Io ci sarò? Io lo accoglierò?

La parola avvento richiama un'altra parola: adventurus, avventura. Avventura è il nuovo che ti viene incontro e quando viene ti sconvolge sempre. L'avvento di Dio è un'avventura. Nei Vangeli la sua venuta è destabilizzante, è un'avventura! Pensiamo ai personaggi principali del Natale: Maria, Giuseppe, Giovanni Battista, i Pastori, i Magi… Quando Dio viene, chiama a qualcosa d'impossibile, ma sempre a qualcosa di grande e di bello.

Nel Vangelo di Luca Gesù esorta alla fiducia e alla speranza. La venuta nella gloria del Figlio dell’uomo non sarà un giorno di distruzione, ma di vera liberazione, in cui i credenti rialzeranno la testa. Il linguaggio è quello apocalittico, ossia il genere letterario utilizzato nell’Antico Testamento per descrivere “il giorno del Signore”. Alla fine dei tempi Dio verrà e il cosmo non può rimanere inerte di fronte a questo straordinario evento. Tutto è chiamato a partecipare alla sua maestà, anche il cosmo. Il temine ‘apocalittico’ indica la rivelazione, ossia il togliere il velo, lo scoprirsi di Dio. La rivelazione è affidata ad un linguaggio carico di immagini simboliche talora terrificanti, che risente della cultura del suo tempo. Per questo, per molti di noi, il termine apocalittico è sinonimo di ‘catastrofico’. Non bisogna dimenticare che siamo di fronte ad un modo di comunicare, più che ad una cronaca di eventi futuri. L’obiettivo è quello di far comprendere un contenuto che va oltre le immagini simboliche che usa.

Il nostro testo segue immediatamente il discorso di Gesù sulla devastazione di Gerusalemme visto come la fine di ‘un mondo’, profezia di ciò che accadrà al mondo. Quando l’evangelista riporta queste parole di Gesù, Gerusalemme è già stata distrutta dai Romani e i suoi abitanti dispersi. Egli così, può far comprendere alla sua comunità come la parola di Gesù merita di essere ascoltata. I cristiani devono riuscire a decodificare i segni che continuamente sono chiamati a vedere nella storia.

La vita dell’umanità è carica di eventi tragici, di cambiamenti epocali…quanto lo sentiamo in questi giorni! Ma tali cambiamenti hanno sempre un risvolto positivo: quello di una rinascita, dell’abbattimento del negativo, che radicalmente si volge al positivo.La distruzione annunciata non è altro che la rivelazione della novità che segue. Il cuore dell’annuncio è che il Signore verrà! La distruzione non è altro che il segno del disfacimento di ciò che è corrotto. Nella tenebra dell’errore brillerà di straordinaria luce la venuta del Signore: «Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con grande potenza e gloria». È evidente la chiamata del Maestro a non fissare la propria certezza sulle cose che passano. Il mondo con le sue ricchezze è provvisorio. Alla fine solo l’Amore di Dio resta.
I discepoli a quel punto devono aver imparato ad alzare lo sguardo, perché «la liberazione è vicina». La venuta del Cristo trasformerà radicalmente la storia, colorandola del suo amore. Quello che possiamo fare è stare svegli, non lasciarci travolgere dalla follia quotidiana della vita. Inizia il tempo dell'interiorità, della preghiera, della speranza. Se Dio diventa uomo, ancora non si è stancato di noi. Se Dio diventa uomo, allora l'uomo può imparare da Lui a diventare veramente uomo. 
Se Dio diventa uomo, la vita merita Dio, e può essere splendida! 


Ogni anno ci riporta le stesse stagioni, le stesse ricorrenze, ma solo all'apparenza è uguale al precedente, perché quanto meno siamo cambiati noi, e affrontiamo situazioni già viste con un bagaglio di esperienza in più. Così è anche nella vita di fede: comincia oggi un nuovo anno liturgico, vale a dire una nuova fase del rapporto tra noi e il nostro Dio. L'anno che si apre riporterà il Natale, poi la Quaresima, la Pasqua e così via; tanti appuntamenti già vissuti, eppure sempre nuovi perché siamo noi, nel frattempo, tanto o poco cambiati.

Un percorso che dà senso al trascorrere dei giorni e apre a un orizzonte infinito. L'anno del credente comincia con il tempo di Avvento, cioè "venuta del Signore".

Per dirlo con Metastasio: "Ovunque il guardo io giro, immenso Dio ti vedo". E il saggio S. Agostino dirà: "Timeo Deum transeuntem", "Ho timore di Dio che passa": che mi passi accanto, e io neppure me ne accorga.

Buon anno, allora, fratelli e sorelle e buon Avvento,
aspettando il nostro Dio che viene.

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