1 Domenica di Avvento

1Avvento2013bisEccoci di nuovo!
Dopo un anno intero passato in compagnia di Luca, dopo aver sostato ai piedi della Croce per riconoscere lo splendore di Gesù Re dell’Universo, la liturgia ci riporta ai blocchi di partenza con il tempo dell'Avvento in compagnia di Matteo, il pubblicano divenuto discepolo ed evangelista. L'ho pensato spesso in questi ultimi giorni e ora mi convinco ancora di più che è veramente importante riscoprire l'arte del ripartire.

Il Signore, oggi, ci chiama a questo. Ci ricolloca all'inizio, allo start. Ci vuole a riscoprire la bellezza e lo stupore dell'inizio, la freschezza dell'alba, la lucentezza del primo sguardo. Mi piace questo ripartire, perché non è da zero, ma da Lui. Si (ri)parte per (ri)mettere fondamenta, per azzeccare il primo passo, per imparare a fidarsi e per rimettersi in gioco. Nessuno si può sentire escluso. Il cammino di Avvento ci addestra a dare senso al tempo, a riempirlo della Sua presenza e a ripartire da Lui. A volte incontro persone che dopo un grosso fallimento, uno sbaglio, una caduta o una delusione, mi dicono che vogliono ripartire da zero… Penso che non ci sia nulla di più sbagliato. Se vuoi rialzarti, se vuoi rimetterti in cammino, se vuoi ridare vigore alla tua vita e alla tua fede, trovati un po' di silenzio, un tempo di intimità e dillo al Signore: "Ricomincio da Te". Vorrei che oggi il nostro Avvento iniziasse così, rimettendo Lui al centro. Perché quello è il suo posto. L’Avvento non è e non va ridotto ad una semplice preparazione al Natale: esprime l’orientamento e la direzione del tempo abitato da Dio.

Un’immagine per descrivere l’Anno Liturgico è quella di un cerchio, o un anello, di 365 giorni, un giro compiuto annualmente attorno a Cristo, Sole di giustizia. In questo ciclo, la Chiesa ha distribuito la memoria dell’opera di salvezza del suo Signore, dalla nascita alla vita pubblica, alla passione e morte, alla risurrezione fino alla gloria, in attesa della sua venuta finale. Ogni anno la Chiesa ripercorre l’itinerario del suo Signore per conoscerlo, contemplarlo, riviverne i momenti più importanti, attingere alla sua opera di salvezza, nell’attesa di incontrarlo nella gloria. Il Mistero pasquale è il centro di tutto l’Anno liturgico; in esso culmina l’opera di Gesù che si è incarnato, è nato dalla Vergine Maria, si è manifestato ai Magi, ha digiunato, ha predicato, ha operato prodigi, è stato crocifisso e sepolto, è risorto, è asceso al cielo, è accanto al Padre e tornerà, ha inviato lo Spirito Santo sugli Apostoli. L’Anno liturgico, dunque, si caratterizza come itinerario di fede, di ascolto della Parola, di preghiera; un itinerario di vita, quella stessa di Cristo, capace di trasfigurare le nostre vite, di anno in anno, sino all’incontro ultimo con Lui. Ricominciamo allora proprio da qui: dal Pane della Vita e dall’ascolto della sua Parola.

Aaa-ttenti! 

È il grido del comandante al plotone di militari al momento dell'alzabandiera. Tutti si mettono diritti in atteggiamento pronto e non rilassato. Mi ricordo i campi estivi o le grandi riunioni ufficiali con gli scout: sempre si inizia con l’alzabandiera, il gesto che apre la nuova giornata. Non conosco molto il mondo militare, dato che, con l'ordinazione sacerdotale, a suo tempo sono stato dispensato dall'anno di leva. Leggendo il Vangelo di questa Domenica, la prima che apre il periodo di Avvento verso il Natale, mi è proprio venuto in mente quel "Aaa-ttenti!" del cortile della caserma. Anche Gesù vuole metterci sull'attenti. Ci vuole pronti e non rilassati, non solo in questo periodo di Avvento, ma come atteggiamento di fondo del nostro cammino cristiano.
Mentre come cristiani stiamo per celebrare l'inizio dell'era cristiana - la Nascita di Gesù -, il Vangelo ci ricorda la fine di ogni cosa. Ci viene messo davanti il punto di arrivo della Storia umana: Gesù! Ancora lui! È Lui il principio di tutto, e Giovanni nel suo Vangelo - che viene letto il mattino di Natale - ce lo presenta proprio così: "In principio era il Verbo". E Gesù è anche alla fine di tutto, il punto di arrivo della storia universale e della nostra storia personale. Noi viviamo in questa "terra di mezzo", che è la vita che viviamo adesso, così travagliata e piena di motivi per farci dubitare sia dell'origine che del fine.
È facile pensare di essere soli. Tutto attorno, e anche dentro di noi... sembra dirci che in fondo siamo soli e che talvolta anche Dio è lontano dalla nostra vita, anche se crediamo nella sua presenza nel mondo attraverso Gesù. Ci sono poi vicende personali che a volte ci tolgono sia speranza nel futuro che memoria nel passato. 

Ecco allora il grido "Aaa-ttenti!" di questo Vangelo! "Tenetevi pronti" dice Gesù ad ognuno di noi. Lo dice a me che leggo questo Vangelo con voi in Chiesa. E attraverso di me Gesù lo dice a tanti che non lo conoscono. Non è una minaccia quella che Gesù pronuncia oggi. La venuta del Figlio dell'uomo, così come è detto nella pagina dell'evangelista Matteo, non è mai definibile nei tempi e nei modi, ma è certa. Non importa sapere quando e come Dio si presenta nella storia, ma è importante sapere che la storia non gira a vuoto e senza senso. Stiamo attenti dunque, e non lasciamoci piegare dal pessimismo e dal senso dell'abbandono… come ci ha detto Papa Francesco: “Non fatevi rubare la speranza”.


La prima lettura di questa domenica ci presenta un mondo ideale, quasi fin troppo bello. È il mondo che Dio ha in mente dove gli uomini di tutte le genti:
"...spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri,
delle loro lance faranno falci;
un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo,
non impareranno più l'arte della guerra..." Is 2,1-5
Il brano di Isaia, bellissimo con quel monte del tempio del Signore, più alto di tutti i colli… il brano ha tutti i verbi al futuro: verranno i popoli - da Sion uscirà la legge - Egli sarà giudice - forgeranno le spade in vomeri...
Paolo fa eco all'antico Profeta parlando di una notte in fuga di fronte al sole: la notte è avanzata, il giorno è ormai vicino. Gesù nel Vangelo parla del Figlio dell'uomo che verrà; non quindi di un uomo del passato, ma di un uomo del futuro. Ma siccome Dio è al di fuori del tempo, il passato e il futuro si riducono per Lui - e per noi in Lui - a un immenso e perenne presente.

S. Leone Papa ha scritto: "Tutto ciò che il Figlio di Dio fece e insegnò per riconciliare il mondo, non lo conosciamo soltanto nel racconto di azioni compiute nel passato, ma anche perché siamo sotto l'effetto di tali azioni, oggi presenti come allora".
La stessa cosa ci dicono le letture ascoltate poco fa: dopo tanti verbi al futuro, chiudono con altrettanti verbi al presente: "Casa di Giacobbe, vieni, camminiamo nella luce del Signore", dice Isaia; "comportiamoci onestamente" ammonisce S.Paolo; "vegliate e state pronti" conclude Gesù nel Vangelo. 
Forse è opportuno, allora, che in questo Capodanno di grazia, all'indomani di eventi che hanno stupito il mondo e che, rendendo presente un futuro ieri impensabile, sono diventati storia, protagonista un uomo arrivato a Roma “quasi dalla fine del mondo”, forse è opportuno riflettere sul significato e sul valore dell'oggi, sull'importanza del presente, che ci dà molto di più di quanto crediamo, anche se spesso molto meno di quanto desideriamo. Solo il presente, infatti, è nostro; non valutarlo per quello che è, equivarrebbe a togliere significato alla vita. Il tempo non ha né giorni né anni: ha momenti, e, persi quelli, sono persi gli anni e i giorni.

Perché alla fine tutti questi verbi al presente? Prima di tutto perché il cristiano non deve credere solo ad un giudizio futuro, a una vita futura, ma deve credere a una vita eterna; e, se è eterna, basta un attimo di riflessione per capire che essa è già cominciata. Gesù vuole sottolineare il valore infinito dell'oggi, perché essendo Egli con noi tutti i giorni, vuole che ci accorgiamo della sua presenza, contrariamente a quanto fecero i contemporanei di Noè, che "non si accorsero di nulla". Gesù dice semplicemente che vivevano nella più assoluta normalità: mangiavano, bevevano, si sposavano, occupazioni di ogni tempo e di ogni luogo. L'unico rimprovero che Gesù fa loro è di essere sbadati, distratti, imprevidenti, incapaci di intuire ciò che stava succedendo. Siamo incapaci di intuire che le piccole cose di ogni giorno hanno valore di eternità. Invece è in questo presente, è in questa presenza che dobbiamo credere: Io sono l'Emmanuele, cioè "Dio con noi".
La fede in questa presenza è già vegliare e stare pronti.
Il brano del Vangelo di Matteo si chiude con esortazioni pressanti: “Non temete, alzatevi, levate il capo, la vostra liberazione è vicina". Non temete: la stessa esortazione rivolta alla Madonna dall'angelo: "Non temere, Maria! Non avere paura".
Alzatevi e levate il capo: due verbi della non paura, due verbi dell'Avvento; due luci che ci devono accompagnare nel cammino che porta al Natale. Perché non pensare che anche in cielo oggi, comincia l'Avvento? Qui, sulla terra, l'uomo attende il ritorno del Signore; in cielo il Signore attende il ritorno dell'uomo: ritorno che si potrà realizzare con una vita di preghiera, di trasparenza, di pazienza nella sofferenza, di servizio, sull'esempio di Maria.
Per questo cammino di ritorno chiediamo al Signore Gesù di mettere al presente tutti i verbi della nostra vita.
E facciamo coraggio a chiunque incontriamo.

"Aaa-tenti!".
E verrà il tempo futuro nel quale Dio, nel suo abbraccio dirà con voce di Padre a tutti gli uomini "Rii-poso!".

Se faremo così, l'Avvento è già Natale.

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