Preghiera e Liturgia

Credo in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore

Ges Re di Gloria1A«Per Dominum Nostrum Jesum Christum».
Gesù è il nome più caro al cuore di ogni cristiano.

Il cuore del Cristianesimo è la persona di Gesù Cristo. Il cristiano non è colui che crede in Dio, ma colui che crede che Gesù Cristo è Dio. Ciò che rende il cristianesimo scandaloso e costituisce una pietra d’inciampo per l’uomo è l’affermazione che una persona concreta, Gesù di Nazareth, è il Figlio eterno di Dio che ha assunto una natura umana. La «follia», come si esprime San Paolo, non è tanto la morte in croce, quanto il fatto stesso dell’incarnazione, di cui la croce è l’epilogo Fil 2,5-11.

Se Gesù Cristo non fosse Dio, la fede cristiana si dissolverebbe come la nebbia al sole. Come infatti un uomo potrebbe essere il Redentore e il Salvatore del genere umano? Chi potrebbe liberare l’umanità dalla schiavitù del maligno, del peccato e della morte e da tutti i mali?Negando la divinità di Gesù Cristo, non si nega soltanto una verità di fede, ma si nega lo stesso cristianesimo. I cristiani devono essere più che mai consapevoli di questo che è il cuore della fede. I silenzi riguardo alla divinità di Gesù Cristo, le insinuazioni sulla sua consapevolezza di essere Dio, l’attenuazione della portata delle sue parole riguardo al mistero della sua persona, la negazione dei suoi miracoli e, in particolare, della sua gloriosa Risurrezione, sono veleni mortiferi dai quali oggi, più di ieri, è necessario guardarsi. La riduzione di Gesù Cristo a un semplice profeta e a un saggio dell’umanità è la tentazione nella quale il maligno attira la nostra generazione. A questo riguardo è particolarmente preziosa la professione di fede del nuovo catechismo:  «Noi crediamo e professiamo che Gesù di Nazareth, nato ebreo da una figlia di Israele, a Betlemme, al tempo del re Erode il Grande e dell’imperatore Cesare Augusto, di mestiere carpentiere, morto crocifisso a Gerusalemme sotto il procuratore Ponzio Pilatomentre regnava l’imperatore Tiberio, è il Figlio eterno di Dio fatto uomo, il quale è «venuto da Dio» Gv 13,3, «disceso dal cielo» Gv 3,13;6,33, venuto nella carne; infatti, «il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità… dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su Grazia» Gv 1,14-16 – CCC 423. Questo è il cuore della fede che i cristiani devono professare e testimoniare. Non vi è dubbio, infatti, che l’annuncio del Vangelo e la successiva catechesi devono fare riferimento a Gesù Cristo, Figlio di Dio, che ha sofferto ed è morto per noi e ora, risorto, vive per sempre con noi.

I principali titoli di Gesù.
Nella testimonianza apostolica noi troviamo, intorno alla persona di Gesù, alcuni nomi, alcuni termini. Il Simbolo Apostolico li ha presentati insieme: «Credo in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore». Quindi i titoli importanti sono quattro: Gesù, Cristo, Figlio di Dio, nostro Signore. In questi quattro nomi si può sintetizzare tutta la Cristologia, cioè lo studio della persona di Gesù Cristo.

Gesù significa Dio salva.
Gesù è il nome proprio e anche se in ebraico è una forma abbreviata – come potrebbe essere per noi Gianni rispetto a Giovanni – è un nome che contiene il riferimento al tetragramma sacro – YHWH – cioè il nome proprio di Dio: «Il Signore salva». Ci sono le consonanti del verbo salvare e le prime consonanti del tetragramma; in genere succede così nella composizione dei nomi ebraici. Il nome «Ya» precede o conclude, oppure è presente «El» che è la forma del nome comune «elohîm». Gesù è l’uomo storico; dire Gesù significa identificare una persona concreta, vissuta in un luogo preciso, in un tempo. 
Il suo nome è il nome di un uomo ed è un segno; si dice spesso: «Nomen est omen», il nome è un indizio significativo, il nome è un presagio, spiega la persona; è una espressione latina che gioca sulla somiglianza dei due termini, mentre in italiano non riusciamo a fare un gioco di parole. Quell’uomo ha un nome significativo, dice chi è: «Il Signore salva»; l’uomo Gesù è la salvezza operata da Adonai, il Dio che si è rivelato a Mosè e ai figli di Israele.

Gesù è il nome più caro al cuore di ogni cristiano. Esso viene direttamente dal cielo. È l’Arcangelo Gabriele che al momento dell’Annunciazione lo indica alla Vergine Maria: «Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù» Lc 1,31. Anche nell’annuncio a Giuseppe viene ribadito che il nome del futuro bambino è deciso dall’alto Mt 1,21. L’identità è quella di Figlio eterno del Padre, poiché nessuno «può rimettere i peccati se non dio solo» Mc 2,7. la missione è quella del Messia Redentore, perché egli «salverà il suo popolo dai suoi peccati» Mt 1,21. Così in questo nome, che pure era diffuso fra il popolo di Israele, «Dio ricapitola tutta la sua storia di salvezza» CCC 430.

Nel pronunciare il nome di Gesù il cristiano professa la sua fede nella Divina Misericordia, poiché in questo nome Dio si manifesta come colui che ci salva dal peccato, mediante il suo perdono e la sua Grazia.L’Apostolo Pietro può affermare: «Non vi è altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati» At 4,12. La potenza del nome di Gesù si manifesta nella sua pienezza con la Risurrezione, come confessa Paolo: «Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra» Fil 2,9-10.

Nel nome di Gesù l’apostolo caccia i demoni, mentre i discepoli a loro volta  compiono miracoli, guariscono malattie, parlano lingue nuove e scacciano i demoni Mc 16,17. Tutto ciò che in questo nome viene chiesto al Padre, egli lo concede Gv 15,16. «Il nome di Gesù significa che il nome stesso di Dio è presente nella persona del Figlio suo, fatto uomo per la Redenzione dei peccati. È il nome divino che solo reca la salvezza, e può ormai essere invocato da tutti perché, mediante l’incarnazione, egli sia unito a tutti gli uomini» CCC 432. Pronunciando il nome di Gesù, i cristiani professano la loro fede nel Verbo incarnato, Redentore e Salvatore del genere umano. È il nome divino per eccellenza, che racchiude tutta la fede e la pietà cristiana e che deve essere pronunciato con il più grande rispetto e adorazione. «Il nome di Gesù è il centro della preghiera cristiana. Tutte le orazioni liturgiche terminano con la formula “Per Dominum Nostrum Jesum Christum”. L’Ave Maria culmina con le parole: “E benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù”. La preghiera del cuore, consueta presso gli orientali e chiamata “Preghiera di Gesù”, dice: “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore”. Parecchi cristiani muoiono con la sola parola “Gesù” sulle labbra, come Santa Giovanna D’Arco» CCC 435. Questa sola parola, recitata con il cuore, può diventare una grande preghiera. Da esclamazione banale, come spesso suona sulla bocca di molti cristiani, dovrebbe diventare un’invocazione traboccante di fede e di amore.

Cristo significa Messia.
«Cristo» non è il cognome di Gesù, anche se talvolta, dicendo Gesù Cristo, sembra di utilizzare effettivamente nome e cognome. Dice la funzione svolta da quell’uomo. È un aggettivo e gli aggettivi in genere devono stare insieme ai nomi. Nel nostro linguaggio corrisponde piuttosto a «legittimo»; il re unto è il re legittimo, quello ufficialmente riconosciuto, quello che è stato consacrato, che ha diritto di regnare. Riconoscere nell’uomo Gesù il re-Messia è un atto di fede. «Chi è Gesù?». Rispondere alla domanda «Chi è Gesù?» implica una esperienza di quell’uomo e un riconoscimento delle sue qualità. La comunità apostolica ha imparato a riconoscerlo come il Cristo, il Figlio di Dio, il Signore. 

«Cristo» è la traduzione greca del termine ebraico «Messia» che significa «unto». Per comprenderne il significato è necessario fare riferimento alla tradizione di Israele, dove erano unti nel nome di Dio i re, i sacerdoti e a volte anche i profeti. Si trattava di una consacrazione che abilitava a una missione affidata da Dio stesso. L’unto per eccellenza avrebbe dovuto essere il Messia che, secondo le profezie, Dio avrebbe mandato per instaurare definitivamente il suo Regno. Secondo il Profeta Isaia l’unzione del Messia come re, profeta e sacerdote, doveva venire non per mano umana, ma per opera dello Spirito. Gesù è colui che realizza la speranza messianica di Israele e quindi «Cristo» diviene il suo nome proprio. Questo appellativo sta ad indicare che egli compie la sua missione divina nella triplice funzione sacerdotale, profetica e regale.

Il Nuovo Testamento sottolinea a più riprese la consacrazione messianica di Gesù, che avviene mediante l’unzione dello Spirito Santo. Questa consacrazione ha una dimensione trinitaria, che dischiude il mistero intimo di Dio. Gesù infatti «è colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo» Gv 10,36. «Nel nome di Cristo è sottinteso colui che ha unto, colui che è stato unto e l’unzione stessa da cui è stato unto: colui che ha unto è il Padre, colui che è stato unto è il Figlio, ed è stato unto nello Spirito Santo che è l'unzione» S. Ireneo di Lione.

È l’incarnazione il momento in cui avviene l’unzione o consacrazionedel Messia, secondo quanto rivela l’angelo alla Vergine Maria: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio» Lc 1,35. Anche nell’annunciazione a Giuseppe viene sottolineato dall’angelo che quello che è generato in lei è opera dello Spirito Santo Mt 1,20, affinché Gesù «chiamato Cristo» Mt 1,16, nasca dalla sposa di Giuseppe della discendenza di Davide. Lo Spirito Santo, nel momento dell’incarnazione, non solo opera con potenza il concepimento della natura umana di Gesù, ma più ancora la «consacra» ricolmandola della sua pienezza Gv 1,16.

L’unzione messianica, avvenuta nell’evento dell’incarnazione, si manifesta agli occhi del mondo nel momento in cui Gesù, all’inizio della sua missione, è battezzato da Giovanni. Anche in questo momentosolenne si svela il mistero trinitario nel quale avviene la consacrazione:«Appena battezzato Gesù uscì dall’acqua: ed ecco si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui. Ed ecco una voce dal cielo che disse: “Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto» Mt 3,16.

Saranno poi la sapienza di Gesù e soprattutto la santità della sua vita, unite alla potenza dei miracoli, a rivelare Gesù come «il santo di Dio» Mc 1,24. Gesù ha accettato il titolo di Messia, come appare nel colloquio con la donna samaritana: «So - dice la donna - che deve venire il Messia, cioè il Cristo. Quando egli verrà, ci annunzierà ogni cosa». Le disse Gesù: «Sono io, che ti parlo» Gv 4,25. Accoglie e loda la professione di fededi Pietro, che lo riconosce quale Messia: «Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente» Mt 16,16, ma nel medesimo tempo annuncia la prossimità della sua passione, specificando che egli sarà Messia nel senso del Servo sofferente:  

«Il figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti» Mt 20,28. La gloria messianica si manifesterà dunque solo dopo la croce ed è con la Risurrezione che la regalità messianica di Gesù può essere solennemente proclamata, senza timore di fraintendimenti: «Sappia dunque con certezza tutta la casa d’Israele - afferma Pietro - che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete Crocifisso» At 2,36. Come il nome di «Gesù» così anche quello di «Cristo» costituisce per il cristiano una straordinaria professione di fede. Il primo indica la misericordia divina che redime dal peccato, il secondo la missione attraverso la quale si realizza la redenzione. In queste due parole sono racchiusi il mistero della persona e quello dell’opera del Verbo incarnato. È nell’unzione di Gesù Cristo che ogni cristiano riceve la sua funzione sacerdotale, profetica e regale.

Gesù Cristo è il Figlio di Dio.
È più importante il titolo essenziale «Figlio di Dio» che dice la sua qualità personale, non la funzione che svolge, non che cosa fa, ma chi è. Dire Cristo significa indicare che cosa fa, dire Figlio di Dio significa precisare chi è.

Noi confessiamo che Gesù Cristo è il «Figlio di Dio» non nel senso in cui tutti gli uomini si possono chiamare figli di Dio, in quanto sue creature, e neppure nel senso in cui lo siamo noi cristiani, perché il nostro essere figli, benché sia di natura soprannaturale, ha il suo fondamento nel Figlio Gesù Cristo. Nell’Antico Testamento il titolo di Figlio di Dio è dato agli angeli, ai figli d’Israele e ai loro re. In questo caso sta ad indicare una relazione di particolare intimità fra Dio e coloro che egli ha scelto. Il titolo di Figlio di Dio, attribuito a Gesù Cristo, ha il significato di una filiazione divina unica e trascendente, che affonda le sue radici nel mistero trinitario. Questo sarà l’oggetto dei primi Concili della Chiesa, ma è già chiaramente presente nei Vangeli e si manifesta con particolare solennità nella confessione di Pietro a Cesarea di Filippo. Quando l’apostolo, a una precisa domanda di Gesù, afferma che egli è «il Cristo, il Figlio del Dio vivente» quindi più di Giovanni il Battista, più di Elia, più di Geremia. e degli altri Profeti, il Maestro risponde con solennità: «Né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il padre mio che sta nei cieli» Mt 16,17. Infatti solo una rivelazione soprannaturale poteva permettere di scorgere in Gesù il Figlio eterno del padre fatto uomo. Tuttavia, se Pietro ha potuto fare tale confessione, è perché Gesù lo aveva già lasciato chiaramente intendere mentre istruiva i suoi discepoli. Infatti, il Maestro, in alcuni casi lo ha esplicitamente dichiarato. In particolare, davanti al Sinedrio, alla domanda dei suoi accusatori: «Tu sei dunque il Figlio di Dio?», Gesù risponde: «Lo dite voi stessi: io lo sono» Lc 22,70. Questo è indubbiamente il contesto più solenne e significativo, che ha procurato a Gesù la condanna a morte per bestemmia. Il riconoscimento di Gesù come Figlio di Dio è il momento decisivo della croce; si riconosce pienamente il Figlio nel momento tragico della morte in croce. Lì, sulla croce, c’è la rivelazione della Trinità nella relazione di amore totale tra il Padre e il Figlio che fa scaturire il dono dello Spirito Santo. Ecco perché croce e Trinità sonostrettamente unite.

Nella tradizione nordica, soprattutto tedesca, con qualche presenza anche in Italia nell’epoca rinascimentale e barocca, c’è una raffigurazione della Trinità con il Padre che avvolge con un grande mantello e regge il crocifisso e lo Spirito unisce il Padre e il Figlio. In tedesco lo chiamano Gnadenstuhl, cioè “il trono della grazia”: è una immagine molto significativa, è la Trinità che si rivela nella croce. 

Nel momento tragico della morte è innestata la forza dell’amore divino che comunica la vita.

Tuttavia, già molto prima, egli si era designato come il Figlio che conosce il Padre con una conoscenza di carattere divino: «Nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare» Mt 11,27. Qui Gesù si mette sullo stesso livello del Padre in un modo assoluto ed esclusivo. D’altra parte Egli ha nettamente differenziato il suo essere Figlio da quello dei suoi discepoli, sottolineando la distinzione fra «Padre mio e Padre vostro» Gv 20,17. È molto significativo che Gesù non dica mai «Padre Nostro», ma «Padre vostro» Mt 5,48; 6,8; 7,21, tranne che per comandare ai discepoli: «Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli» Mt 6,9. Per contro è lo stesso Padre, nei due momenti solenni del Battesimo presso il fiume Giordano e della Trasfigurazione sul Monte Tabor, a designare Gesù come il suo «Figlio prediletto». Gesù a sua volta, facendo eco alla voce del Padre, afferma di essere «il suo Figlio unigenito»:  «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna» Gv 3,16.

Prima però di essere inviato, il Figlio di Dio è stato consacrato e in questo modo Gesù afferma la sua preesistenza eterna Gv 10,36. È su questa limpida e sublime testimonianza che si basa la fede degli Apostoli quando affermano: «Noi vedemmo la sua gloria, gloria come di Unigenito dal Padre, pieno di Grazia e di verità» Gv 1,14. È confessando che Gesù è il Figlio eterno del Padre che il cristiano comprende, nella sua grandezza e profondità, la sua adozione soprannaturale. Egli infatti è divenuto «figlio nel Figlio». Solo partecipando al suo essere Figlio di Dio il cristiano ha accesso al Padre e partecipa alla comunione d’amore della Santissima Trinità.

Gesù è il Signore... come il Padre e lo Spirito Santo.
Il quarto titolo è quello con cui si riconosce la uguaglianza a Dio Padre. Dire che Gesù è «il Signore» significa affermare che è Dio. Il termine «Kýrios» non corrisponde semplicemente nel linguaggio greco o latino al padrone, al capo, ma è il corrispondente di «Adonai» della tradizione biblica. Quindi dire «Gesù è il Signore» significa affermare: Gesù è Dio, Gesù è identificato con Yhwh.

Nel Nuovo Testamento la divinità di Gesù Cristo viene affermata in modo particolare attribuendo a lui il titolo di «Signore». Questo nome, nella traduzione greca dei libri dell’Antico Testamento, è quello abituale per indicare la divinità del dio d’Israele, il cui nome ineffabile Yhwh è stato rivelato a Mosè Es 3,14. Ciò che colpisce, per la sua novità nei testi del Nuovo Testamento, è il fatto che questo titolo venga attribuito non solo al Padre, ma anche a Gesù, che in tale modo viene riconosciuto egli stesso come Dio, uguale al Padre nella divinità. È Gesù in persona che si è attribuito, sia pure velatamente, il nome divino per eccellenza, quando discute con i Farisei del Salmo 110: «Disse il Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici sotto i tuoi piedi». Lo ha fatto anche rivolgendosi agli Apostoli nell’Ultima Cena: «Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri« Gv 13,13-14. D’altra parte Gesù durante la sua vita pubblica, quando in prima persona è a nome proprio dà ordini agli elementi della natura, scaccia i demoni, risuscita i morti, guarisce dalle malattie e assolve dai peccati, manifesta una sovranità divina che nessun uomo, nemmeno il più santo, ha mai mostrato. 

Alcune volte nei Vangeli la parola «Signore», rivolta a Gesù, vuole esprimere il rispetto e la fiducia verso di lui da parte di persone che chiedono la guarigione, come ad esempio il lebbroso che si avvicina a Gesù dicendo: «Signore, se vuoi, puoi guarirmi» Mt 8,2. Tuttavia in altri casi questo nome è espresso sotto l’impulso dello Spirito Santo, come Tommaso che, vedendo il Risorto, afferma «Mio signore e mio Dio!» Gv 20,28 o come Giovanni, che, dopo la pesca miracolosa, riconosce Gesù e dice a Pietro: «È il Signore!» Gv 21,7. I primi cristiani hanno usato il nome divino di «Signore» per affermare che «la potenza, l’onore e la gloria dovuti a Dio Padre convengono anche a Gesù, perché egli è di natura divina e perché il Padre ha manifestato questa signoria di Gesù risuscitandolo dai morti ed esaltandolo nella sua gloria» CCC 449. Sia nella preghiera liturgica, come in quella individuale, il cristiano deve pronunciare questo titolo divino con fede e con umile sottomissione. Di Gesù è la signoria sul mondo e sulla storia e a lui noi dobbiamo sottomettere la nostra vita, vivendola come servizio, affinché un giorno egli possa dirci: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo» Mt 25,34.

Tre gradini, questo è il cammino di fede cristiana: si parte dall’esperienza dell’uomo Gesù, lo si riconosce come il re-Messia della tradizione profetica, attraverso l’esperienza della croce si confessa il suo essere Figliola e l’incontro con il Risorto fa confessare la sua signoria,cioè la sua uguaglianza con Adonai, il Signore Dio.

Sia lodato Gesù Cristo.


ATTO DI FEDE. 
Mio Dio, 
perché sei verità infallibile, 
credo fermamente tutto quello che tu hai rivelato 
e la santa Chiesa ci propone a credere. 
Ed espressamente credo in te, 
unico vero Dio in tre Persone uguali e distinte, 
Padre, Figlio e Spirito Santo. 
E credo in Gesù Cristo, Figlio di Dio, 
incarnato e morto per noi, 
il quale darà a ciascuno, secondo i meriti, 
il premio o la pena eterna. 
Conforme a questa fede voglio sempre vivere. 
Signore, accresci la mia fede.

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