Preghiera e Liturgia

2 Domenica di Quaresima 2021

2Domenica«Vivi in Cristo».
Nella Chiesa si riflette la gloria di Cristo Risorto.


È il titolo che la nostra Chiesa di Verona ha scelto per la Quaresima e la Pasqua 2021. «Vivi in Cristo» è un titolo volutamente ambiguo, che si presta ad una duplice interpretazione, giocando sulla prima parola «vivi». Potremmo leggerla come un aggettivo declinato al plurale che rimanda all’identità battesimale. Ma potremmo anche intenderla come un imperativo singolare che esorta ad essere Corpo di Cristo e identifica così la dimensione eucaristica. Ambedue le interpretazioni portano in sé la dimensione pasquale che in questo tempo suona come una chiamata ai cristiani a non lasciarsi dominare dalla paura e dalla morte per vivere la testimonianza di chi ha incontrato il Signore e invita alla speranza, alla vita vera. Chi vive in Cristo non è mai solo perché trova in Lui il Figlio di Dio. Inoltre, in Lui ciascuno trova una moltitudine di fratelli e sorelle che, condividendo la stessa mensa, diventano famiglia. Perché alla tavola di chi vive in Cristo, c’è posto per tutti. L’immagine scelta è una porzione del mosaico realizzato nel 2006 da Padre Marko Ivan Rupnik e dagli artisti del Centro Aletti nella cappella del Collegio San Stanislao a Ljubljana, in Slovenia.

Il punto di partenza si trova nella cappella stessa, che porta una tragica impronta storica: qui dentro le persone che vi erano condotte aspettavano la morte, aspettavano di conoscere la decisione su dove sarebbero state deportate e uccise.
La scena si ispira al brano della visione della pianura di ossa del profeta Ezechiele cf Ez 37,1-14. Tutta la terra è disseminata di ossa. Ci sono ossa dappertutto, in tantissime grotte, perché noi uomini, di generazione in generazione, continuiamo a spingerci nelle grotte. C’è sempre qualcosa di più importante dell’uomo che si ha davanti e ce lo fa spingere nella morte. Ma quanto più è forte la morte, tanto più forte è Gesù Cristo. Se dunque vogliamo mostrare la forza, la luce dell’amore di Gesù Cristo, dobbiamo mostrare anche la forza del male. Altrimenti parliamo di una favola. Il cristianesimo è un intervento nella realtà, non nella fantasia.
In questa valle soffia lo Spirito e le ossa rivivono. E allora basta con le ossa, basta con gli elenchi di morti, di uccisi. Bisogna mostrare come la fede guarda a queste ossa, come la Parola di Dio le illumina. Quando soffia questo vento, cioè lo Spirito, tutte queste ossa rivivono, si rivestono. Sappiamo che lo Spirito Santo è il Signore che dà la vita, è il Signore che ha portato il Verbo nella vita, ha formato la vita secondo l’immagine del Verbo, ha incarnato Gesù Cristo nella Vergine Maria.
Questo Spirito non è un’energia astratta, ma un Volto. Gli artisti hanno cercato di far apparire il volto di Gesù Cristo come la cosa più potente in questa cappella. Perché lo Spirito Santo ha concentrato l’amore di Dio su questo volto, che è immensamente buono.
Cristo viene, scende e dà la mano ai morti. Quando stende la mano, essi rivivono. Prima o poi tutti ci troviamo nel peccato e nella desolazione, o perché noi stessi abbiamo peccato, o perché qualcuno ha commesso un peccato contro di noi… Prima o poi tutti sentiamo questo peso delle tenebre. Il Signore viene da noi e ci dà la mano per tirarci fuori.
Cristo è nel vortice del suo mantello, un mantello che nella Bibbia ha più significati, ma essenzialmente richiama la gloria di Dio, cioè Dio che si rivela nello splendore della sua maestà, della sua potenza, della sua santità.

PARTE CENTRALE.
Cristo è nel vortice del suo mantello, un mantello che nella Bibbia ha più significati, ma essenzialmente richiama la gloria di Dio, cioè Dio che si rivela nello splendore della sua maestà, della sua potenza, della sua santità. Qui Cristo scende, ma il suo mantello, invece, sale. Nel suo mantello ci sono gli Apostoli, e progressivamente si riempie di tutti quelli che il Signore sta tirando fuori dalla morte. Il mantello è la Chiesa, perché la Chiesa è il luogo in cui si riflette la gloria di Cristo risorto, uno spazio dilatato dalla risurrezione, luogo dello Spirito Santo e della trasformazione di ogni offerta nel corpo di Cristo. 
La Chiesa è l’ambito dove si vince la morte, dove in Cristo risorto troviamo il senso anche della sofferenza di quelli che hanno confidato in Lui. Con questa scena è indicato che la Chiesa è ambito dell’amore, che vivifica, che non esclude, ma fa crescere, benedice e illumina. Anche quelli che sono lontani dalla Chiesa e forse scettici nei suoi confronti possono scoprire la Chiesa come la più grande sorpresa: ciò che è spezzato si raddrizza, ciò che è malato guarisce, ciò che è immondo viene purificato, ciò che è umiliato viene innalzato, ciò che è rigettato viene accolto. La Chiesa è l’ambito in cui ogni opera buona che uno ha fatto, anche se è il più grande peccatore, non sarà più dimenticata. La Chiesa è l’eterna memoria della bontà, della carità. Nella Chiesa le cose buone rimangono raccolte per sempre. Con il corpo che adesso portiamo e che sarà distrutto, ci stiamo preparando un altro corpo, che rimarrà. Questo è il seme che morirà per far germogliare un’altra vita. E questo viene indicato dal mantello, pieno della comunità dell’amore.
Gli Apostoli fanno dei segni: pregano, indicano il Signore, predicano, battezzano, ungono, ordinano, perdonano. Qui ci sono tutti i Sacramenti e tutto ciò che la Chiesa ha per comunicarci la vita, affinché questa nostra misera realtà umana possa entrare nella vita.
A sinistra, guardando Cristo, Pietro impone le mani su colui che Cristo ha tolto dalla morte. Il perdono, infatti, è come la salvezza dalla tomba: è la vita che si è perduta, ma si troverà per l’eternità nel Signore, nascosta in Dio.
Dall’altra parte, c’è la donna che Cristo ha strappato dalla morte. Intorno alla sua mano è avvolta la stola, un simbolo del rito del matrimonio, che richiama la teologia di Paolo sulla fedeltà di Cristo e della Chiesa, di Dio e dell’uomo.

«Discesa agli inferi e Risurrezione» Marko Rupnik 2006,
Cappella del Collegio San Stanislao a Ljubljana in Slovenia.

Sia lodato Gesù Cristo!

Colloquio Spirituale.
«Io amo te solo, mio Dio, seguo te solo, cerco te solo, son pronto a seguire te solo... voglio essere alla tua discrezione soltanto. Ordina, ti prego, comanda tutto quello che vuoi, però guarisci, apri i miei occhi, affinché io veda i tuoi cenni; guariscimi tutto affinché io ti riconosca. Dimmi da che parte debba volgere la mia attenzione affinché ti veda; e spero saprò fare tutto quello che mi comandi...» (S.Agostino).
Si, o Gesù, che io segua te solo e ti segua non solo sul Tabor, ma soprattutto sul Calvario. Il Tabor è luce, è splendore che mi attira; vorrei, anche solo per un istante, intravedere il tuo Volto, o mio Dio! Il Calvario è notte, è solitudine, è dolore cupo che mi spaventa; ma nelle tenebre s'inalza una croce e su quella croce io contemplo te, crocifisso per amore, intravedo il tuo Volto non trasfigurato dalla gloria, ma sfigurato dal dolore, frutto dei nostri peccati!
O Gesù, distruggi in me il peccato, quel peccato che ha sfigurato il tuo Volto, quel peccato che ha sfigurato l'anima mia, creata ad immagine e somiglianza tua. Ma perché avvenga questa distruzione è necessario che io partecipi al tuo Calvario, alla tua Croce; degnati, dunque, o Signore, di associare alla tua Passione tutte le sofferenze piccole e grandi della mia vita, affinché per esse io sia purificato e venga disposto a salire di chiarezza in chiarezza, fino alla totale trasfigurazione in te. La luce, la gloria del Tabor m'incoraggia, grazie, o Signore, di avermi concesso, sia pure per brevi istanti, di contemplare il tuo splendore, di godere delle tue divine consolazioni, così rinfrancato e incoraggiato scendo dal monte per seguire te solo, fino al Calvario.

Padre Gabriele di S.Maria Maddalena O.C.M. -1893 -1953,
Intimità Divina , Roma 1962.

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