3 Domenica del Tempo Ordinario 2021
«Lasciare».
«E subito lasciarono le reti e lo seguirono» Mc 1,18.
I brani del Vangelo del tempo di Natale e i testi di Giovanni sull’Agnello di Dio indicato dal Battista ai suoi discepoli, cedono ora il passo alla lettura continuata del Vangelo di Marco. Un Vangelo essenziale, scarno, quasi freddo nella sua essenzialità, riflesso di una predicazione degli inizi, probabilmente riconducibile all’apostolo Pietro, che costituisce la base su cui si è costruita la teologia dei Vangeli sinottici prima e della tradizione di Giovanni molto più tardi.
Non a caso, Marco è considerato la fonte da cui ogni evangelista ha attinto per dire qualcosa di suo su Gesù di Nazareth. Ma non per la sua evidente essenzialità si può certo affermare che il Vangelo di Marco sia povero, scialbo, senza una grande teologia rispetto a quanto le opere a lui successive riescono ad elaborare. Marco sembra scrivere il suo Vangelo come preso dalla necessità di rispondere a due domande:
- Chi è Gesù di Nazareth, figlio di Giuseppe il falegname?
- Come deve vivere il discepolo per seguire Gesù?
Allora si può definire il Vangelo di Marco come un cammino che si trova ad affrontare due vette, una messa davanti all’altra, da conquistare entrambe per comprendere il progetto di Dio sull’umanità. La prima vetta viene conquistata intorno al capitolo 8, quando Pietro riconosce con la sua professione di fede che Gesù è il Messia; la seconda vetta comporta un cammino più complesso, che passa attraverso la ricerca della via alla perfezione, attraverso tre annunci di morte e soprattutto attraverso la sequela dei passi di Cristo che, come delle orme, marcano pure il nostro passo. Tra l’altro, la seconda vetta coincide veramente con la cima di un monte, il Calvario, sul quale Marco mette in bocca le parole che professano Gesù Figlio di Dio non a un devoto israelita, ma a un pagano romano, il centurione, che riconosce e proclama Gesù come «vero Figlio di Dio» a motivo della sua morte in croce. È perciò sulla croce che il Gesù di Marco ci rivela chi egli è veramente: l’annuncio della Resurrezione diventa la glorificazione di Gesù Cristo. Si tratta, quindi, di mettersi in viaggio per conquistare queste due vette, senza perdere tempo: occorre mettersi in viaggio di buon mattino, come i migliori appassionati di montagna. È tempo di mettersi in cammino, perché il giorno è ormai avanzato. È proprio «il tempo», il protagonista di questo esordio di Marco nell’Anno Liturgico.
Introdotto peraltro dalla vicenda di Giona, che stabilisce, in nome di Dio, un tempo per la conversione degli abitanti di Ninive… e dalle parole di Paolo, che nella lettera ai Corinti annuncia l’urgenza del tempo per vivere questo mondo che passa… Marco dà a Gesù un tempo. Gesù inizia la sua missione, dando già per «compiuto» il tempo del Regno di Dio, di fronte al quale non possiamo più accampare scuse: occorre «convertirsi e credere al Vangelo». Chi temporeggia, chi sta a guardare, chi vuole pensarci ancora su, chi non si sente ancora sicuro di fronte alla proposta del Regno, è fuori tempo massimo: prendere o lasciare, il Regno non può attendere. O segui Cristo, lasciandoti affascinare dalla proposta del suo itinerario, oppure resti lì a condurre la tua vita di sempre, rinchiuso nelle tue sicurezze, con la tua barca, con le tue reti, con i tuoi affetti e le tue amicizie, senz’altro più rassicuranti da un punto di vista della stabilità e delle certezze umane, ma decisamente poco aperti alla possibilità dell’incontro con Lui, dell’incontro che ti cambia la vita e che ti porterà a capire chi è questo Gesù che annuncia il Regno di Dio in mezzo a noi. Prendere o lasciare: il Vangelo di Marco, nella sua essenzialità, ci offre un Gesù così, tutto d’un pezzo, poco dedito a dare spiegazioni e motivi, a volte pure oscuro e difficile da comprendere, ma di certo - o forse proprio per questo - tremendamente affascinante. E in un periodo critico come questo, di proposte affascinanti e appassionanti, ne abbiamo davvero bisogno. Non perdiamo tempo, dunque: lasciamo subito le nostre reti e seguiamolo, abbiamo solo da guadagnarci!
Nel racconto della chiamata dei primi discepoli, tutto appare così veloce: Gesù passa sulla riva del lago, vede i pescatori intenti al loro lavoro di ogni giorno, li chiama, ed essi, lasciano tutto e lo seguono subito. Questo accade due volte, in rapida successione… Magari fosse così facile! Magari bastasse un semplice «vieni» per mettere in moto la vita e le persone. La parte del Vangelo che racconta la chiamata rapida dei primi discepoli non va divisa da ciò che la precede. Infatti Marco ha appena ricordato quello che Gesù sta facendo: Gesù si muove per la Galilea e lancia un annuncio chiaro e solenne: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo!».
Sicuramente i discepoli rispondono alla chiamata di Gesù, abbandonando tutto per seguirlo, perché sentono che tutto quel che possiedono e che stanno facendo, vale molto meno di quello che Gesù propone e annuncia. «Il tempo è compiuto» dice Gesù. In altre parole, il Maestro dice che il tempo che viviamo non è un girare a vuoto, non è senza direzione, non è senza senso. Anche questo tempo difficile di pandemia, di sofferenza, di morte ha un senso davanti agli occhi di Dio.
La vita è un tempo prezioso nelle mani di Dio, e che si può vivere in modo pieno perché «il Regno di Dio è vicino». Gesù annuncia qualcosa che in fondo è nei desideri più profondi dell’uomo, e quindi anche dei pescatori di Galilea. Pietro, Andrea, Giovanni e Giacomo lasciano le reti che hanno in mano per farsi prendere loro stessi dalla rete di Gesù. La barca su cui stanno, e che fino ad allora è stata tutta la loro vita, diventa troppo piccola rispetto alla barca che Gesù propone loro, per iniziare una avventura che non sarà facile, ma che riempirà la loro vita di senso pieno. I primi discepoli entrano così nel dinamismo di Gesù, che non si ferma, e continua ad andare avanti, incontro a coloro che cercano Dio veramente. E se anche cercheranno di fermarlo con la crocifissione, il cammino di Gesù non si ferma, anzi diventa ancor più coinvolgente.
Un verbo, secondo me, contraddistingue questo Vangelo. Un verbo un po’ difficile da intendere, se non viene vissuto: «Lasciarono». Questo verbo non implica solo l’azione di andarsene, del partire, ma c’è dietro una scelta. Una scelta difficile, profonda, rischiosa. Una scelta di fiducia cieca. I primi due discepoli lasciano le reti: lasciano un lavoro sicuro, il loro sostentamento, il loro cibo. I secondi due lasciano addirittura il padre.
E perché o per chi? Per seguire un uomo, una fede, un Messia, che nemmeno conoscono, ma che fa vibrare il loro cuore. Quanti di noi oggi, sarebbero disposti a lasciare tutto quello che hanno e riporre la propria vita nelle mani di uno sconosciuto? Quanti avrebbero il coraggio di abbandonare tutto per seguire la propria fede, il proprio cuore? Ma l’esperienza di questi primi quattro discepoli ci fa capire che dove c’è fede, c’è amore, c’è fiducia, nulla è impossibile. Anzi, quella che agli occhi dei più, può sembrare una scelta impossibile, per loro diventa qualcosa di normale, diventa certezza, diventa vita quotidiana.
Viviamo in una realtà che purtroppo sente il messaggio cristiano non più come novità sconvolgente che muove la vita. Oggi la fede, il Vangelo e la comunità cristiana sono avvertiti, specialmente dai giovani, come realtà passate, e non più così significative per la vita. E forse è anche colpa di noi cristiani, persone di Chiesa, che non sempre forse mostriamo entusiasmo nel nostro modo di fare e di credere. Ma nel cuore di ogni uomo e di ogni giovane, c’è comunque il desiderio di un mondo nuovo e migliore. In altre parole, in tutti c’è il desiderio del Regno di Dio, quello che Gesù ha predicato e mostrato. Se, come cristiani, sappiamo mostrare che essere Chiesa e vivere il Vangelo, risponde a queste attese, allora forse più persone saranno disposte, come i primi discepoli, a mettersi in gioco con noi, ed entrare nella grande rete di Gesù.
Sia lodato Gesù Cristo.