Preghiera e Liturgia

Epifania 2021

Magi1I Magi: maestri nella ricerca del volto di Dio.
«Alcuni Magi vennero da Oriente...» Mt 2,1.

È la Solennità dell’Epifania. Questo nome viene dal verbo greco «epifaino» che significa rendersi manifesto dall’alto: la manifestazione della presenza divina. I greci impiegavano questo termine per parlare delle manifestazioni prodigiose degli Dei che intervenivano con apparizioni, con miracoli con grandi gesti in cui si rivelava la loro potenza quando intervenivano per soccorrere nel momento del bisogno… per esempio per aiutare in una battaglia e si diceva che c’era stata una epifania della divinità, la potenza soccorritrice del loro dio. Il testo di Isaia di oggi è un brano tratto dai suoi ultimi dieci capitoli (56-66). Il profeta scrive questi capitoli all’epoca del ritorno degli ebrei dall’esilio di Babilonia, quando Gerusalemme è ancora un cumulo di macerie. Isaia inizia una sezione di tre capitoli che celebra la gloria di Gerusalemme, riflesso della gloria del Signore che brilla su di lei. Il ritorno dall’esilio è un segno che il Signore non si è dimenticato del suo popolo e della sua città. 

Lo sguardo del profeta ha presente le grandi cose che Dio ha fatto per il suo popolo, a cominciare dall’uscita dall’Egitto, dal dono della «Tôrâh» la Legge data al Sinai, dalla entrata nella Terra Promessa… ma si spinge al di là della ricostruzione immediata di Gerusalemme e la vede trasfigurata dalla presenza del Signore.A lei faranno ritorno tutti i suoi figli ed essa sarà raggiante, come una madre è felice quando può riabbracciare i suoi figli che sono stati lontani e provati da vicende dolorose. A Gerusalemme brilla la gloria di Dio, guarderanno a lei non solo i suoi figli, ma tutte le genti: «Cammineranno le genti alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere» Is 60,3Gerusalemme sarà irradiata dalla luce, ritroverà i suoi figli e accoglierà una folla di stranieri e di pagani: verrano da Madian, da Efa, da Saba, da Tarsis, dall’Arabia e dalle isole. «I re di Tarsis e delle isole offriranno doni, i re di Arabia e di Saba portano i loro tributi» Salmo 72,10.

Gli abitanti di Gerusalemme restano sempre stupiti delle aurore e dei tramonti sulla città poiché, collocata sul monte Sion. Mentre in basso con ritardo, in mattinata, si diradano nebbia e foschia, in cima splende il sole e illumina il tempio. I tesori del mare provengono dall’ovest, con le navi fenicie o greche; le ricchezze dell’Oriente e dell’Egitto giungono con le carovane attraverso i deserti di Siria e del Sinai. Madian, Efa e Saba sono popoli dell’Arabia. «Uno stuolo di cammelli ti invaderà». Gli stuoli di cammelli e di dromedari erano stati l’incubo delle distruzioni. Ora sono segni della ricchezza e della speranza. Gerusalemme è luce e gloria poiché Dio è presente. Anche Gesù sarà luce e gloria. Lo dirà Simeone quando Maria e Giuseppe lo porteranno al tempio per la presentazione: «Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola, poiché i miei occhi hanno visto la tua salvezza che hai preparato davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele» Lc 2,29-32. Gerusalemme per il popolo di Israele e Gesù per i cristiani sono luce e luogo della rivelazione della gloria di Dio.

Il Vangelo è costruito intorno a due centri geografici: Gerusalemme e Betlemme, qui confluiscono i Magi, protagonisti del racconto, e dai quali si dipartono per tornare là donde erano venuti. Chi sono i Magi? Matteo è sobrio su questi personaggi, non dice niente della loro identità. Accenna che giunsero da «Oriente». Le numerose e varie identificazioni posteriori sono basate sui cosiddetti «vangeli aprocrifi» e su leggende agiografiche raccontate e scritte per edificare. Tali tradizioni vanno accolte in questa luce e servono nella misura in cui aiutano a contemplare il mistero divino nascosto nella nascita di Gesù o a trarre degli insegnamenti di vita.

Matteo tralascia volutamente di precisare la loro identità, ma indica chiaramente lo scopo del loro viaggio. Sono alla ricerca del re dei Giudei e, giunti a Gerusalemme, chiedono: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». Una stella è stata per i Magi il segno di un intervento divino, una chiamata a cui hanno prontamente risposto mettendosi in cammino verso la capitale del territorio dei giudei.
Interessante la sottolineatura dell’evangelista che «il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme». Si tratta del turbamento, fatto di meraviglia e di sconcerto di fronte all’irrompere del divino, che attrae, ma incute anche timore. Il turbamento di Erode si può interpretare come semplice paura di perdere il potere; quello di Gerusalemme, invece, avverte i lettori che si tratta di una manifestazione di Dio in continuità con quelle precedenti narrate dalle sacre Scritture. Matteo riconosce in Gerusalemme il centro della rivelazione divina. È la città scelta da Dio - per così dire - come sua dimora ed è centrale nella storia dell’alleanza di Dio con Israele. Erode per rispondere alla domanda dei Magi sul luogo in cui doveva nascere il Messia consulta gli esperti delle Scritture, che rispondono con una citazione del profeta Michea: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele». Erode, per avere notizie sul Messia di Israele, sceglie la strada corretta: consultare le Scritture; egli, però, non mette in contatto i Magi con gli interpreti delle Scritture stesse. Si fa lui stesso mediatore. È Erode che si informa e che chiama «segretamente» i Magi. Egli adotta le forme di un complotto: vuole assicurarsi di avere le informazioni in segreto, per usarle a suo piacimento. La sua è una mediazione indebita; un appropriarsi a proprio vantaggio della rivelazione.

I Magi poi, informati dalle parole profetiche, riprendono il cammino e ritrovano anche la guida della stella. Molto sobria la descrizione della visita dei Magi al bambino trovato con «Maria sua madre». Ella è testimone silenziosa dell’umanità e della divinità di questo bambino, attorno al quale si verificano prodigi e la cui nascita va posta in relazione al messaggio contenuto nelle Scritture.

I Magi portano dei doni. Sulla simbologia dei doni si è concentrata una lunga ricerca. In particolare, i Magi sono stati identificati in numero di tre proprio perché tre sono i doni. Essi, inoltre, sono stati identificati come re sulla scia del Salmo 71, che la liturgia fa leggere oggi: «I re di Tarsis e delle isole portino tributi, i re di Saba offrano doni. Tutti i re si prostrino a lui, lo servano tutte le genti». Anche a loro sarà dato di seguire, come Israele, le vie di Dio a gloria di Dio stesso. Questa prospettiva è chiara nel brano di Isaia che fa da sfondo alla presentazione del dono dei Magi: «Uno stuolo di cammelli ti invaderà, dromedari di Màdian e di Efa, tutti verranno da Saba, portando oro e incenso e proclamando le glorie del Signore» Is 60,6. I Magi, avvertiti in sogno di non passare da Erode, tornano per altra via al loro paese. Anonimi sono entrati nel Vangelo e anonimi ne escono. L’attenzione non è su di loro, ma sul Bambino.

La storia dei Magi è la nostra storia, è la storia del credente che risponde alla chiamata di Dio che gli giunge in mezzo alla confusione di questo mondo e che, nonostante le notti dello Spirito, persevera nel suo cammino. Dio spesso si nasconde e raramente si svela a quelli che vuole chiamare al suo servizio, giusto quel tanto per spingerli a un primo passo che dovranno proseguire, come i Magi, nella oscurità, nella fedeltà e nella fede, fino all'incontro faccia a faccia. I Magi sono davvero l’icona dell’uomo che cerca, dell’uomo che è inquieto, come direbbe S. Agostino, finché il suo cuore non trova riposo in Dio. In questi Magi che fanno del viaggio il senso della loro vita trova voce ogni uomo che desidera conoscere e incontrare il volto di Dio e nella avventura di questi uomini, nel modo con cui percorrono una via, nelle domande che essi sanno porre, nei poveri segni che hanno a disposizione, nel loro sguardo, ognuno di noi può scoprire un aiuto per il suo cammino di fede. Un cammino che richiede sempre novità, apertura, rischio per vie inaspettate. I Magi, infatti, arrivano per una strada, ma ritornano al loro paese per un’altra. C’è una strada vecchia, di prima, che parte dal proprio paese (il luogo dell’origine, della propria storia, delle proprie sicurezze) e conduce a Dio. E c’è una strada nuova, dopo l'incontro, che parte dalla scoperta del volto di Dio e riporta al proprio paese. I Magi saranno tornati nella loro terra con il volto di quel Bambino nei loro occhi, ma soprattutto con la consapevolezza che nelle mani di quel Bambino ormai tutta la loro vita e anche la loro faticosa ricerca, era racchiusa, custodita, salvata. Veramente i Magi sono per noi dei maestri nella ricerca del volto di Dio. È il cammino della fede, un cammino di gioia, perché abbiamo trovato il vero Tesoro e non ci stancheremo mai di continuare a cercarlo.

Lo scopriremo in ogni persona che incontreremo, ma soprattutto nella Santa Messa che ogni domenica celebriamo. Dalla mangiatoia all’Eucaristia: «Et Verbum caro factum est».

Sia lodato Gesù Cristo.

 

Colloquio spirituale.

«O Gesù, ti adoro, poiché Tu sei il Signore Dio mio. Tu sei un Dio grande e il Re di tutti i re. Nelle tue mani stanno i confini tutti della terra e Tu contempli le cime dei monti. Tuo è il mare e Tu sei Colui che l'ha fatto e sulle tue mani si fonda la terra...E noi siamo il popolo tuo è le pecorelle della tua mano» (cfr. Sal. 94). Si, o Gesù, io sono una tua pecorella, una tua creatura e godo di riconoscere il mio nulla davanti a te. Ma godo ancor più nel riconoscere e nell'adorare in te, amabilissimo Bambino, il mio Dio ed il mio Creatore. Come vorrei che tutti i popoli ti riconoscessero quale Tu sei, che tutti si prostrassero davanti a te, adorando ti quale loro Dio e Signore!

O Signore, Tu che puoi, mostra a tutti la tua Divinità; e, come un giorno hai condotto a te i Magi dell'Oriente, così ora aduna attorno al tuo presepe tutti i popoli, tutte le genti. Ma tu mi fai comprendere che vuoi la mia povera collaborazione per l'avvento del tuo regno: Tu vuoi che io preghi, soffra e lavori per la conversione dei vicini e dei lontani. Vuoi che anch'io porti al tuo presepe i doni dei Magi: l'incendio della preghiera, la mirra della mortificazione e della sofferenza generosamente abbracciata per amor tuo, l'oro della carità; carità che renda il mio cuore tutto ed esclusivamente tuo, carità che mi spinga a lavorare, a darmi per la conversione dei peccatori, degli infedeli, per la maggiore santificazione dei tuoi eletti.

O mio dolcissimo Re, crea in me un cuore di apostolo. Come vorrei oggi portare ai tuoi piedi le lodi e le adorazioni sincere di tutti gli uomini della terra! Ma, o Gesù, mentre ti prego di manifestarti al mondo, ti prego anche di manifestarti sempre più alla povera anima mia. Fa' che oggi anche per me brilli la tua stella e mi indichi la via che a te conduce; fa' che oggi anche per me sia una vera Epifania, ossia una nuova manifestazione di te alla mia mente ed al mio cuore. Chi più ti conosce, più ti ama, o Signore; ed io desidero conoscerti unicamente per amarti, per darmi a te con generosità sempre crescente.

Dal Libro "Intimità Divina" Ediz.1962.

 

Guidami tu, luce gentile, attraverso il buio che mi circonda,
sii tu a condurmi!
La notte è oscura e sono lontano da casa,
sii tu a condurmi!
Sostieni i miei piedi vacillanti:
io non chiedo di vedere ciò che mi attende all'orizzonte,
un passo solo mi sarà sufficiente.
Non mi sono mai sentito come mi sento ora, nè ho
pregato che fossi tu a condurmi.
Amavo scegliere e scrutare il mio cammino;
ma ora sii tu a condurmi!
Amavo il giorno abbagliante, e malgrado la paura,
il mio cuore era schiavo dell'orgoglio:
non ricordare gli anni ormai passati.
Così a lungo la tua forza mi ha benedetto,
e certo mi condurrà ancora,
landa dopo landa, palude dopo palude,
oltre rupi e torrenti, finché la notte scemerà;
e con l'apparir del mattino
rivedrò il sorriso di quei volti angelici
che da tanto tempo amo e per poco avevo perduto.

John Henry Newman.

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