Preghiera e Liturgia

Veni Creator Spiritus 1 Gennaio 2021

Veni Creator Spiritus1«Il Veni Creator non si è consunto con l'uso,
ma si è arricchito sempre di più».


Il poeta latino Ovidio attesta che nell'antica Roma si era soliti scambiarsi, nel primo giorno dell'anno, un vasetto di miele con datteri e fichi secchi avvolti in foglie di alloro. Era un dono simbolico per augurare un dolce e fruttuoso anno nuovo: la Comunità Cristiana, oggi innalza al Dio della Vita e della Storia il canto solenne del Veni Creator Spiritus, per invocare sull’anno civile che inizia, la forza dello Spirito Santo.

L’autore, oggi ritenuto il più probabile del Veni Creator è Rábano Mauro, abate di Fulda in Germania e arcivescovo di Magonza, vissuto tra la fine dell’VIII secolo e la prima metà del IX, uno dei maggiori teologi del suo tempo e profondo conoscitore dei Padri. La prima testimonianza di un uso ufficiale dell’inno si ha negli atti del Concilio di Reims del 1049, quando, all’ingresso in aula del Santo Padre, il clero cantò con grande devozione, questo inno.
Ma esso doveva essere in uso già da tempo in alcune Chiese locali e monasteri. Da quando fu composto esso è risuonato incessantemente nella Chiesa, soprattutto a Pentecoste, come una prolungata solenne invocazione su tutta l’umanità e la Chiesa. E a partire dai primi decenni del secondo millennio, ogni anno nuovo, ogni secolo, ogni Conclave, ogni Concilio Ecumenico, ogni Sinodo, ogni riunione importante nella vita della Chiesa, ogni ordinazione sacerdotale o episcopale e anche il terzo millennio, sono iniziati, con il solenne canto del Veni Creator. È inoltre il solo inno latino antico accolto da tutte le Chiese nate dalla Riforma e permette dunque a tutti i cristiani di essere uniti nell’invocazione dello Spirito Santo, che è colui che ci conduce alla piena unità.

Le parole del Veni Creator condensano il fior fiore della rivelazione biblica e della tradizione patristica sullo Spirito Santo. In esso è racchiusa una grandiosa visione teologica sullo Spirito nella storia della salvezza. Con il vantaggio di essere teologia orante, in chiave di lode solenne, che è l’unica chiave con cui si può parlare dello Spirito. Come tutte le cose che vengono dallo Spirito, il Veni Creator, non si è consunto con l’uso, ma si è arricchito. Se la Scrittura, come dice San Gregorio Magno, cresce a forza di essere letta, il Veni creator, è cresciuto nei secoli, a forza di essere cantato. Esso si è caricato di tutta la fede, la devozione, l’ardente desiderio dello Spirito, delle generazioni che lo hanno cantato prima di noi.

Ecco cosa scrive sant’Agostino:
«Senza lo Spirito Santo noi non possiamo né amare Cristo né osservare i suoi comandamenti,
e tanto meno possiamo farlo quanto meno abbiamo di Spirito Santo,
mentre tanto più possiamo farlo quanto maggiore è l’abbondanza che ne abbiamo.
Non è quindi senza ragione che lo Spirito Santo viene promesso,
non solo a chi non lo ha, ma anche a chi già lo possiede:
a chi non lo ha perché lo abbia,
a chi già lo possiede perché lo possieda in misura più abbondante».
Agostino, Omelia 74,2.

Il Patriarca greco ortodosso Ignatius IV Hazim6,
così sottolineava la necessità della presenza dello Spirito:

«Senza lo Spirito Santo
 Dio è lontano,
Cristo rimane nel passato,
il Vangelo è lettera morta,
la Chiesa è una semplice organizzazione,
l'autorità è una dominazione,
la missione una propaganda,
il culto una evocazione,
e l'agire dell’essere umano una morale da schiavi.

Ma nello Spirito Santo
il cosmo è sollevato,
Cristo risorto è presente,
il Vangelo è potenza di vita,
la Chiesa significa comunione trinitaria,
l’autorità è un servizio liberatore,
la missione è una Pentecoste,
la liturgia è memoriale,
l’agire umano è divinizzato».

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