3 Domenica di Avvento 2020
«Lo Spirito del Signore è su di me».
Lectio Divina Isaia 61,1-2.10.11.
L’insieme delle letture di questa domenica Gaudete, cioè della gioia, con il Salmo Responsoriale che è un cantico del NT, suggerisce un continuo rimando alla persona del Messia accennato nella persona del profeta della prima lettura, cantato nel salmo del Magnificat, confessato per negazione nel Vangelo. Al cantico dell’Antica Alleanza del terzo Libro di Isaia corrisponde il cantico del Magnificat, alla presentazione della persona di Cristo profetizzata nell’AT corrisponde il cantico di riconoscenza della Chiesa, o del Nuovo Israele, che si esprime nel cantico di Maria.
Sono le voci dello Sposo e della Sposa che risuonano sulla terra dopo il lungo tempo dell’esilio: Maria nel Magnificat raccoglie l’attesa del popolo di Israele indicando la connessione tra fatti e parole nella logica di Dio che guarda gli umili e abbatte i potenti, e Giovanni la sintetizza in negativo con il suo «Io non sono», aprendo così lo spazio alla Persona di Gesù. Paolo, nella seconda lettura, è un «inviato» che invita la chiesa a permanere in quell’atmosfera di gioia, certa del compimento ma ancora nel tempo dell’attesa. La liturgia è piena di inviati che annunziano, senza ancora arrivare al compimento, la gioia è il segno della promessa che si sta realizzando in modo inatteso e insperato, una gioia diffusa che si spande come l’alba o come la luce, a poco a poco. Non la gioia che si riduce alla soddisfazione momentanea di un piacere, ma la gioia che è dono dello Spirito, la gioia che è il godimento della Presenza dell’amato, sia pure non piena perchè la vita presente è provvisoria. «Lo spirito del Signore Dio è su di me», dice il profeta Isaia, «perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione» Cf. Lc 4,1. Gesù prenderà questo brano nella sinagoga di Cafarnao per annunciarne il compimento nella sua Persona. A lui fa eco il Magnificat di Maria, e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, figura della Chiesa che presenta non se stessa, ma l’opera che Dio ha compiuto in lei. All’opera di Cristo corrisponde il magnificat della Chiesa. Questa doppia voce si sente già all’interno della prima lettura.
In questo brano del profeta Isaia sono congiunti due frammenti del cap. 61: la vocazione del profeta e la sua missione; un canto di gioia al Signore elevato dal profeta a nome di Sion. L’epoca di questa profezia è quella del fervore degli anni dopo l’esilio (538 a.C.) e della ricostruzione del tempio (520 a.C.).
Il profeta ci consegna la sua esperienza più intima, che è quella dell’essere pervaso, abitato dallo Spirito del Signore Dio: «Lo Spirito del Signore è su di me». Questa esperienza trasforma la sua identità, rendendolo proprietà del Signore, luogo dove Dio si manifesta: «Mi ha consacrato con l’unzione». L’unzione è un rito antico con cui si consacrano o il re o il sommo sacerdote. Conferisce una missione precisa: «mi ha mandato». Sono descritte sette finalità, sintetizzate nel primo incarico: «Portare il lieto annuncio ai miseri». Chi sono i miseri? Tutte le persone prive di potere politico, di prestigio sociale, di risorse materiali, e che hanno invece come unico sostegno il Signore, l’abbandono fiducioso a lui. La missione del profeta è specificata da alcuni momenti che sono quelli che caratterizzano l’anno del giubileo, chiamato nel nostro testo: «anno di misericordia». La prima fase del giubileo è l’annuncio di una Buona Notizia ai poveri, a coloro, cioè, che hanno come unica sicurezza non il potere politico ma il Signore.
Le altre fasi sono effetto della forza di questa parola. Essa ha il potere di sanare ferite profonde, «i cuori spezzati», nella comunità, che rischia di perdere la propria identità, e inoltre ha la forza di rompere le catene che tengono schiavi dei fratelli: una schiavitù in senso fisico, ma anche quella più profonda causata dalla paura della morte. Altro effetto della parola è la scarcerazione dei prigionieri: la comunità di Israele era tornata dall’esilio, ma correva sempre il pericolo della depressione e di continuare a portare il muro della sua prigione nel cuore.
La missione del profeta è quella di aiutare il popolo a ritrovare la sua identità, la sua libertà, senza lasciarsi schiacciare dalla frustrazione profonda. Dio non si è dimenticato di loro, ma neppure di noi, oggi, in particolare di chi di Lui si fida. L’anno di grazia era l’anno giubilare: ogni 50 anni si azzeravano i debiti e i crediti, lo schiavo tornava in libertà, un terreno ritornava di proprietà a chi era stato costretto a venderlo per necessità. Il lieto annunzio che il profeta porta è paragonabile ad un giubileo straordinario, in cui la terra intera torna al suo creatore, a Colui che dona la vita con generosità. Questa terra produce frutti speciali, preziosissimi: la giustizia, che è il corretto rapporto con il Signore e con il prossimo, e la lode, il ringraziamento. È un tempo di gioia piena, di esultanza incontenibile, perché è finito il tempo della desolazione e dell’afflizione.
Nei versetti finali il profeta si identifica con Sion, la sposa del Signore, e ne descrive la gioia mediante immagini che richiamano la liturgia nuziale (vesti, manto, diadema, gioielli) e metafore che richiamano la terra feconda (semi, vegetazione, giardino). Il giubileo sarà un anno in cui l’uomo sperimenta l’amore misericordioso del Signore, la sua «giustizia».
Queste parole ci mettono di fronte alla coscienza del profeta e ai suoi sentimenti di fronte al compito ricevuto. Non solo timore per la grandezza del compito, né solo entusiasmo per essere investiti di una particolare dignità, ma innanzitutto gioia perché il Signore ha reso possibile la sua opera attraverso la vita del profeta. L’immagine biblica della terra che produce germogli, ci consente di entrare nell’animo del profeta: non è lo sforzo del contadino che farà fruttificare il giardino, ma è solo Dio che sa far crescere tutte le cose.
Il vero profeta è colui che attira lo sguardo su ciò che Dio sta compiendo giorno dopo giorno, nella pazienza di chi sa che per far crescere tutte le cose ci vuole tempo. Questa esperienza di salvezza si esprimerà nella lode davanti a tutti i popoli.
Sia lodato Gesù Cristo.