Preghiera e Liturgia

Immacolata 2020

Immacolata«In Lui ci ha scelti».
Lectio Divina Ef 1,3-6.11-12.


In una fredda mattina del gennaio 1849 Pio IX si affaccia dal balcone del palazzo che lo ospita e vede il mare in tempesta. È preoccupato. Gli è accanto il cardinal Lambruschini suo compagno di esilio nella fortezza di Gaeta. Erano fuggiti da Roma in seguito alla rivolta che già aveva fatto delle vittime. Il cardinale dice al Papa: «Vostra Santità non guarirà il mondo dai mali che l’opprimono… se non proclamando articolo di fede l’Immacolata Concezione della Madonna».


Pochi giorni dopo Pio IX diffonde un lettera in cui chiede ai Vescovi di prendere posizione sul dogma dell’Immacolata. L’esito è quasi plebiscitario e l’8 dicembre del 1854 il Papa può dichiarare il solenne dogma di fede secondo cui «la beatissima Vergine Maria sin dal primo istante del concepimento, per singolare grazia e privilegio di Dio e in vista dei meriti di Gesù Cristo, fu preservata immune da ogni macchia di peccato originale». La mattina di quell’8 dicembre, nella Basilica di San Pietro, al momento della lettura del testo ufficiale, Pio IX è investito da un fascio di luce proveniente dall’alto, fenomeno sorprendente, perché in nessun periodo dell’anno, e tanto meno alla vigilia della stagione invernale, da nessuna finestra un raggio di luce poteva raggiungere l’abside dove si trovava il Papa. È una sorta di «approvazione del cielo», l’auspicio di un più lieto avvenire nell’allora tormentata vita della Chiesa. E la proclamazione dell’Immacolata ridà nuove risorse spirituali alla comunità dei credenti. Tre anni e pochi mesi dopo quell’8 dicembre, precisamente l’11 febbraio del 1858, la Madonna apparendo a Lourdes, con tono solenne, a Bernardette che le chiedeva con insistenza chi fosse dice: «Io sono l’Immacolata Concezione» a conferma del pronunciamento papale.

Ogni anno, in questa Solennità Mariana, la Chiesa propone alla Chiesa in preghiera il solenne inno di apertura della Lettera agli Efesini, il testo che è stato proclamato poco fa. Esso appartiene al genere delle «berakot», cioè le benedizioni che già appaiono nell’Antico Testamento e che avranno diffusione nella tradizione giudaica. Si tratta, quindi, di un costante filo di lode che sale a Dio, che nella fede cristiana è celebrato come «Padre del Signore nostro Gesù Cristo». È per questo che, nella lode dell’inno è centrale la figura di Cristo, nella quale si svela e si compie l’opera di Dio Padre. Infatti i tre verbi principali di questo lungo inno antico ci conducono sempre al Figlio Gesù. Come non riandare oggi alla frase che la Madonna disse ai servi alle nozze di Cana: «Fate quello che Lui vi dirà».

Dio «ci ha scelti in lui»: è la nostra vocazione alla santità e alla figliazione adottiva e quindi alla fraternità col Cristo. Questo dono, che trasforma radicalmente il nostro stato di creature, è a noi offerto «per opera di Gesù Cristo», un’opera che entra nel grande progetto di salvezza di Dio, in quell’amoroso «beneplacito della volontà» del Padre che l’Apostolo con commozione sta contemplando. 

Il secondo verbo, dopo quello dell’elezione (“ci ha scelti”), designa il dono della grazia: «La grazia che ci ha dato nel suo Figlio diletto». In greco abbiamo per due volte la stessa radice charis e echaritosen, per sottolineare che l’iniziativa divina è libera e gratuita che precede ogni risposta umana. La grazia che il Padre dona a noi nel Figlio è rivelazione del suo amore che ci avvolge e ci trasforma.

Ed eccoci al terzo verbo fondamentale del Cantico di San Paolo: esso ha per oggetto sempre la grazia divina che è stata «abbondantemente riversata» in noiSiamo, dunque, davanti a un verbo di pienezza, potremmo dire - stando al suo tenore originario - di eccesso, di donazione senza limiti e riserve. Giungiamo così nella profondità infinita e gloriosa del mistero di Dio, aperto e svelato a chi è stato chiamato per grazia e per amore, essendo questa rivelazione impossibile a raggiungersi con la sola intelligenza e le sole capacità umane. «Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano. Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio» 1Cor2,9-10.

Il «mistero della volontà» divina ha un centro che è destinato a coordinare tutto l’essere e tutta la storia conducendoli alla pienezza voluta da Dio: è «il disegno di ricapitolare in Cristo tutte le cose». In questo disegno, in greco oikonomia, ossia in questo piano armonico dell’architettura dell’essere e dell’esistere, si leva Cristo capo del corpo della Chiesa, ma anche asse che ricapitola in sé «tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra». La dispersione e il limite vengono superati e si configura quella «pienezza» che è la vera meta del progetto che la volontà divina aveva prestabilito fin dalle origini.
Siamo, dunque, di fronte a un grandioso affresco della storia della creazione e della salvezza che vorremmo ora meditare e approfondire attraverso le parole di sant’Ireneo, il quale, in alcune pagine magistrali del suo trattato «Contro le eresie», aveva sviluppato un’articolata riflessione proprio sulla ricapitolazione compiuta da Cristo. La fede cristiana, egli afferma, riconosce che «vi è un solo Dio Padre e un solo Cristo Gesù, nostro Signore, che è venuto attraverso tutta la storia e ha ricapitolato in sé tutte le cose. Tra tutte le cose c’è anche l’uomo, plasmazione di Dio stesso. Dunque ha ricapitolato anche l’uomo in se stesso, divenendo visibile, egli che è invisibile, comprensibile egli che è incomprensibile e uomo egli che è Verbo» (3,16,6: Già e non ancora, CCCXX, Milano 1979, p. 268). Per questo «il Verbo di Dio divenne uomo» realmente, non in apparenza, perché allora «la sua opera non sarebbe stata vera». Invece «egli era ciò che appariva: Dio che ricapitola in sé la sua antica creatura, che è l’uomo, per uccidere il peccato, distruggere la morte e vivificare l’uomo. E per questo le sue opere sono vere» (3,18,7: ibidem, pp. 277-278). Si è costituito Capo della Chiesa per attirare tutti a sé nel momento giusto. Nello spirito di queste parole di sant’Ireneo preghiamo: sì, Signore, attiraci a Te, attira il mondo a Te e donaci la pace, la Tua pace.

Attraverso il Cuore Immacolato di Maria, eleviamo alla SS. Trinità, in questo tempo di confusione nella Chiesa e di pandemia per il nostro mondo, il nostro inno di gratitudine e di lode. Ora, che forse si stanno realizzando le profezie, con più intensità eleviamo lo sguardo all’Immacolata.

Cantiamo a Maria... pensiamo a quel bellissimo testo scritto da Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, Santo che ha legato la sua vita a quella della Madonna:
«O bella mia speranza,
dolce amor mio Maria,
Tu sei la vita mia,
la pace mia sei Tu...
».
Tutte espressioni che possono venir fuori solo da un cuore profondamente innamorato. In questi giorni, provati dalle vicende che stiamo vivendo, dentro e fuori la Chiesa, lasciamoci rapire dalla Madonna: siamo peccatori e Lei ci introduce nella grazia di Dio, siamo impastati di terra e Lei ci conduce al Cielo.

Sia lodato Gesù Cristo.

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