Preghiera e Liturgia

2 Domenica di Avvento 2020

2Avvento 2013bis«Consolate, consolate il mio popolo»
Lectio Divina Isaia 40, 1-5. 9-11.

Nel 549 a.C. da circa 40 anni gli ebrei deportati di Giuda, si erano installati a Babilonia. Nonostante il fascino della grande metropoli, il cuore degli esuli grondava di nostalgia per Gerusalemme lontana: quando il Signore si sarebbe deciso a liberarli? Un giorno, di porta in porta, dei messaggi clandestini circolarono nella colonia ebrea: annunciavano la fine della schiavitù, che Dio avrebbe parlato al cuore di Gerusalemme e l’avrebbe consolata.


Isaia, costretto a vedere per molti anni le processioni, che si svolgevano a Babilonia, similmente annuncia che il popolo dovrà preparare una via sacra, piana, dritta in cui potrà camminare, guidato dal Signore. L’animo del popolo è come un terreno accidentato dalle sofferenze, dalle delusioni, dalle infedeltà. Il Signore potente e premuroso, porta in braccio i piccoli appena nati e procede lentamente per chi non ce la fa a camminare spedito. L’intervento di Dio non sarà sul modello dei trionfatori umani, ma la sua forza si rivelerà nel rispetto profondo della libertà dell’uomo.
Nella nostra sofferenza, anche noi riusciamo a indicare un cammino di liberazione dal dolore? Isaia si rivolge a un popolo che non ha più fiducia, che constata che le promesse di Dio non si sono realizzate, che nulla è cambiato nella storia, malgrado il Dio di Israele. Non siamo anche noi così? Dio viene, ma noi spesso non ce ne accorgiamo! Occorre che scavalchiamo i burroni dell’indifferenza, che spianiamo le alture dell’arroganza, lasciamoci consolare da Dio, che si mette dalla parte degli sconfitti e dei perdenti, di chi fa fatica: Dio è dalla nostra parte.

Il brano di oggi costituisce l’inizio della seconda parte del libro di Isaia che comprende i capitoli 40-55; questo insieme è denominato: «libro della consolazione»; inizia infatti con le parole: «Consolate, consolate il mio popolo». L’annuncio della consolazione è per la fine della schiavitù del popolo in Babilonia, schiavitù durata circa sessanta anni tra il 597 e il 538 avanti Cristo. L’autore è un profeta anonimo che viene denominato secondo Isaia, e che svolge la sua attività profetica in Babilonia tra le prime vittorie di Ciro che facevano prevedere la caduta dell’impero babilonese e l’editto di liberazione del 538 che consentì un primo ritorno dall’esilio alla patria.

Il passo che forma la lettura contiene l’annuncio del tema, cioè la consolazione e la fine dell’esilio, la presentazione di una voce profetica, infine l’annuncio del ritorno di Dio come guida del suo popolo.

1. Annuncio del tema.
«Consolate, consolate il mio popolo – dice il vostro Dio –. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che la sua tribolazione è compiuta, la sua colpa è scontata, perché ha ricevuto dalla mano del Signore il doppio per tutti i suoi peccati» Is 40,1-2.
Gerusalemme, emblema del popolo eletto, è stata deportata in esilio e in schiavitù a causa dei suoi peccati, a causa dell’idolatria e delle ingiustizie; qualcuno poteva pensare che questo esilio, castigo divino, per le colpe del popolo, non sarebbe più finito. Invece nel mezzo dell’esilio risuona il grande annuncio: l’iniquità è stata scontata, la schiavitù dell’esilio è finita, viene la consolazione. Questo annuncio è dato al cuore di Gerusalemme; il parlare al cuore non riguarda soltanto il sentimento, ma anche l’intelligenza e la volontà, riguarda la totalità umana, a cui è rivolta la notizia di gioia: questa gioia consisterà nella liberazione dalla servitù e dall’esilio, consisterà in un nuovo esodo, che rinnoverà l’esodo antico con i suoi prodigi.

2. Presentazione della voce profetica.
«Una voce grida: «Nel deserto preparate la via al Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio. Ogni valle sia innalzata, ogni monte e ogni colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in vallata. Allora si rivelerà la gloria del Signore e tutti gli uomini la vedranno perché la bocca del Signore ha parlato».
Queste espressioni contengono una vocazione profetica. La voce, che il profeta lascia volutamente anonima, obbedisce al comando di recare consolazione. I Vangeli, citando questo testo, lo applicano a Giovanni Battista che annuncia la venuta del Signore. Preparare la via era la consuetudine antica che riguardava un re vittorioso; la strada attraverso cui doveva passare per celebrare il suo trionfo veniva allestita in modo che egli potesse percorrerla senza disagio. L’immagine è qui usata per descrivere il passaggio di Dio stesso alla testa del suo popolo che ritorna dalla terra di esilio alla propria patria; questa strada, che passava nel deserto tra la Mesopotamia e la Palestina, doveva essere preparata per poter consentire il ritorno, nel quale sarebbe apparsa la gloria del Signore, cioè la sua stessa presenza. Questa descrizione poetica è grandiosa, è rivivere l’esodo antico. La profezia fa intravedere una realtà che supera il ritorno geografico degli esiliati nella Palestina e la liberazione dalla schiavitù. La profezia delinea il ritorno della gloria del Signore, che avrà orizzonti diversi da quelli soltanto politici.

3. Annuncio del ritorno di Dio.
«Sali su un alto monte, tu che annunci liete notizie a Sion! Alza la tua voce con forza, tu che annunci liete notizie a Gerusalemme. Alza la voce, non temere; annuncia alle città di Giuda: «Ecco il vostro Dio! Ecco, il Signore Dio viene con potenza, il suo braccio esercita il dominio. Ecco, egli ha con sé il premio e la sua ricompensa lo precede. Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri» Is 40.9-11.
Questo ultimo tratto è una variazione e un arricchimento del tema. Il ritorno di Dio alla testa del popolo, prima esiliato, è un trionfo; Dio appare come un re potente e insieme come un pastore pieno di tenerezza verso le pecore madri e gli agnellini. Il tema del buon pastore, che percorre la profezia antica, avrà la sua piena realizzazione in Gesù. Questa lettura, che è la profezia di un evento storico determinato, cioè il ritorno del popolo esiliato da Babilonia alla patria, esprime l’attesa e l’annuncio di un altro evento che sarà compreso alla luce del Nuovo Testamento: l’annuncio e la venuta in mezzo al suo popolo di Gesù, il Figlio di Dio.

Sia lodato Gesù Cristo.

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