2 Domenica di Quaresima 2020
Quattro pilastri: la preghiera, la dottrina cattolica,
l’amore verso Pietro, la carità.
L’unità della Chiesa riposa su quattro pilastri. La preghiera, la dottrina cattolica, l’amore verso Pietro e la carità devono costituire le priorità della nostra anima e di tutte le nostre opere. Se con umiltà e semplicità possiamo rispondere a Gesù: «Signore, tu sai tutto; tu sai che ti amo», allora Egli ci sorriderà, allora Maria e i Santi del cielo ci sorrideranno e diranno a ogni cristiano come, un tempo, a Francesco d’Assisi: «Va’ e ripara la mia Chiesa!». Va’, riparala con la tua fede, con la tua speranza e con la tua carità. Va’, e riparala con la tua preghiera e la tua fedeltà. Grazie a te la mia Chiesa tornerà ad essere la mia casa.
l’amore verso Pietro, la carità.
L’unità della Chiesa riposa su quattro pilastri. La preghiera, la dottrina cattolica, l’amore verso Pietro e la carità devono costituire le priorità della nostra anima e di tutte le nostre opere. Se con umiltà e semplicità possiamo rispondere a Gesù: «Signore, tu sai tutto; tu sai che ti amo», allora Egli ci sorriderà, allora Maria e i Santi del cielo ci sorrideranno e diranno a ogni cristiano come, un tempo, a Francesco d’Assisi: «Va’ e ripara la mia Chiesa!». Va’, riparala con la tua fede, con la tua speranza e con la tua carità. Va’, e riparala con la tua preghiera e la tua fedeltà. Grazie a te la mia Chiesa tornerà ad essere la mia casa.
La preghiera.
Senza l’unione con Dio ogni tentativo di consolidamento della Chiesa e della fede risulterà vano. Senza la preghiera saremo come cembali che tintinnano. Saremo ridotti al rango di pagliacci che fanno tanti versi e producono solo vento. La preghiera deve diventare il nostro respiro più intimo. Ci conduce al cospetto di Dio. Abbiamo altri scopi? Noi, Cristiani, Sacerdoti, Vescovi, abbiamo forse un’altra ragione di vita diversa dallo stare davanti a Dio e dal condurvi gli altri? È ora di insegnarla! È ora di praticarla! «Chi prega si salva, chi non prega si danna» diceva Sant'Alfonso. Vorrei insistere su questo punto, perché una Chiesa che non considera la preghiera come il suo tesoro più prezioso è destinata a fallire. Se non ritroviamo il senso delle lunghe e pazienti veglie in compagnia del Signore, noi lo tradiremo. Gli Apostoli lo hanno tradito: ci riteniamo migliori di loro? I Sacerdoti, in particolare, devono assolutamente possedere un’anima orante. Senza la preghiera la più efficace azione sociale sarebbe inutile. Ci darebbe l’illusione di servire Dio mentre compiamo l’opera del Maligno. Non si tratta di moltiplicare le devozioni. Si tratta di tacere, di fare adorazione. Si tratta di metterci in ginocchio. Di entrare con timore e tremore nella liturgia, che è un’azione di Dio, non un teatro. Mi piacerebbe che i miei confratelli Vescovi non dimenticassero mai le loro gravi responsabilità. Desiderate risollevare la Chiesa? Mettetevi in ginocchio! È l’unico modo! Diversamente, ciò che farete non sarà opera di Dio. Solo Dio può salvarci. Lo farà solo se lo preghiamo. Come vorrei che in tutto il mondo si levasse una preghiera profonda e ininterrotta, una lode e una supplica adoranti. Il giorno in cui questo canto silenzioso risuonerà nei cuori, il Signore potrà finalmente essere udito e potrà agire attraverso i suoi figli. Fino ad allora gli saremo d’ostacolo con le nostre agitazioni e le nostre chiacchiere. Se non appoggiamo, come Giovanni, il nostro capo sul cuore di Cristo, non avremo la forza di seguirlo fino alla Croce. Se non ci fermiamo ad ascoltare i battiti del cuore del nostro Dio, lo abbandoneremo, lo tradiremo proprio come hanno fatto gli Apostoli.
La dottrina cattolica.
Non dobbiamo inventare e costruire noi l’unità della Chiesa. La fonte della nostra unità ci precede e ci viene offerta. È la Rivelazione che abbiamo ricevuto. Se ciascuno difende la propria opinione, la propria novità, si diffonderà dappertutto la divisione. Mi addolora vedere tanti pastori svendere la dottrina cattolica e seminare la divisione tra i fedeli. Al popolo cristiano dobbiamo un insegnamento chiaro, fermo e sicuro. Come possiamo accettare che le conferenze episcopali si contraddicano? Dio non può abitare là dove regna la confusione! L’unità della fede implica l’unità del Magistero nello spazio e nel tempo. Quando ci viene trasmesso un insegnamento nuovo, esso deve sempre venire interpretato con coerenza con quello che l’ha preceduto. Se introduciamo rotture e rivoluzioni spezziamo l’unità che regge la Santa Chiesa attraverso i secoli. Ciò non significa essere condannati al fissismo. Ma ogni evoluzione deve essere una migliore comprensione e un approfondimento del passato. La riforma nella continuità, che Benedetto XVI ha insegnato con chiarezza, è una condizione sine qua non dell’unità. Coloro che annunciano con tanto clamore il cambiamento e la rottura sono falsi profeti. Essi non cercano il bene del gregge. Sono mercenari che si sono introdotti con l’inganno nell’ovile. La nostra unità sarà forgiata attorno alla verità della dottrina cattolica. Non vi sono altri mezzi. Voler guadagnare la popolarità al prezzo della verità significa di nuovo agire come Giuda. Non dobbiamo aver paura! Quale dono più meraviglioso da offrire all’umanità della verità del Vangelo? Certo, Gesù è esigente. Sì, seguirlo implica il portare la sua Croce ogni giorno! La tentazione della vigliaccheria si annida dappertutto. Insidia in particolare i pastori. L’insegnamento di Gesù sembra troppo duro. Quanti tra noi sono tentati di pensare: «Questo linguaggio è duro: chi può intenderlo?» Gv 6,60. Il Signore si rivolge a coloro che ha scelto, a noi Sacerdoti e Vescovi, e di nuovo ci domanda: «Volete andarvene anche voi?» Gv 6,67. Fissa il suo sguardo nel nostro. E chiede a ciascuno: «Vuoi abbandonarmi? Vuoi rinunciare a insegnare la fede in tutta la sua pienezza? Avrai il coraggio di predicare la mia presenza reale nell'Eucaristia? Avrai il coraggio di chiamare i giovani nella vita consacrata? Avrai la forza di affermare che senza la confessione frequente la comunione sacramentale rischia di perdere il proprio significato? Avrai l’audacia di richiamare la verità dell’indissolubilità del matrimonio? Avrai la carità di farlo anche con coloro che forse te ne faranno una colpa? Avrai il coraggio di invitare con dolcezza i divorziati, impegnati in una nuova unione, a cambiare vita? Preferisci il successo o mi vuoi seguire? Voglia Dio che, come San Pietro, possiamo rispondergli, colmi di amore e di umiltà: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna!» Gv 6,68.
L’amore verso Pietro.
Il Papa è colui che porta in sè il mistero di Simon Pietro, al quale Cristo ha detto: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa» Mt 16,18. Il mistero di Pietro è un mistero di fede. Gesù ha voluto affidare la sua Chiesa a un uomo. Perché potessimo ricordarcene meglio ha lasciato che quest’uomo lo tradisse per tre volte davanti a tutti, prima di consegnargli le chiavi della sua Chiesa. Sappiamo che la barca della Chiesa non è affidata a un uomo in virtù di capacità fuori dal comune. Crediamo quindi che tale uomo godrà sempre dell’assistenza del pastore divino perché possa conservare salda la regola della fede. Non dobbiamo aver paura! Ascoltiamo Gesù: «Tu sei Simone [...]; ti chiamerai Cefa!» Gv 1,42. Già dalle prime ore si tesse la trama della storia della Chiesa: il filo d’oro delle decisioni infallibili dei Pontefici, successori di Pietro; il filo nero delle azioni umane e imperfette dei Papi, successori di Pietro. In questo groviglio incomprensibile di fili possiamo intravedere il piccolo ago guidato dalla mano invisibile di Dio, intento a ricamare nella trama l’unico nome nel quale possiamo trovare salvezza, il nome di Gesù Cristo! I vostri pastori sono pieni di difetti e di imperfezioni. Ma non è disprezzandoli che costruirete l’unità della Chiesa. Non abbiate paura di esigere da loro la fede cattolica, i Sacramenti della vita divina. Ricordate le parole di Agostino: «Quando Pietro battezza, è Gesù che battezza. Ma quando Giuda battezza, è ancora Gesù che battezza!» Omelie sul Vg di Giovanni,V. Quando celebra i Sacramenti anche il più indegno dei Sacerdoti rimane comunque lo strumento della grazia divina. Guardate fino a che punto Dio ci ama! Acconsente a consegnare il suo corpo eucaristico nelle mani sacrileghe di Sacerdoti miserabili. Se pensate che i vostri Sacerdoti e i vostri Vescovi non siano dei santi, allora siatelo voi per loro. Fate penitenza, digiunate per riparare le loro colpe. Solo così si può portare il fardello l’uno dell’altro.
La carità fraterna.
Ricordiamoci delle parole del Concilio Vaticano II: «La Chiesa è [...] il sacramento [...] dell’unità di tutto il genere umano» LG, 1. Per questo motivo, tanto odio e tanta divisione la sfigurano. È ora di ritrovare tra di noi un po’ di carità. È ora di annunciare la fine del sospetto e della diffidenza! Per noi Cattolici è ora di intraprendere «un vero cammino di interiore riconciliazione», per usare un’espressione di Papa Benedetto XVI. Scrivo queste righe nel mio ufficio dal quale posso scorgere piazza San Pietro. Essa spalanca le sue larghe braccia per accogliere meglio l’intera umanità. La Chiesa, infatti, è una madre, ed ella ci apre le sue braccia! Corriamo a rannicchiarvici, a stringerci gli uni accanto agli altri! Nel suo grembo nulla può minacciarci! Cristo ha steso una volta per tutte le sue braccia sulla Croce perché ormai la Chiesa possa aprire le proprie e noi riconciliarci in essa, con Dio e tra di noi. A tutti coloro che sono tentati di cedere al tradimento, al dissenso, alla manipolazione, il Signore ripete queste parole: «Perché mi perseguiti? [...] Io sono Gesù, che tu perseguiti» At 9,4-5. quando discutiamo, quando ci odiamo, perseguitiamo Gesù! Preghiamo un po’ insieme davanti al grande affresco di Michelangelo nella Cappella Sistina. Vi è raffigurato il Giudizio Universale. Mettiamoci in ginocchio di fronte alla maestà divina che vi è rappresentata. La circonda tutta la corte celeste. Ci sono i santi che recano lo strumento del loro martirio. Ecco gli apostoli, le vergini, alcuni sconosciuti, quei santi cioè che sono il segreto del cuore di Dio. Tutti cantano la sua gloria e la sua lode. Ai loro piedi, i dannati dell’inferno gridano il loro odio contro Dio. Ecco che d’un tratto prendiamo coscienza della nostra piccolezza, del nostro niente. Ecco che d’un tratto noi, che pensavamo di avere tante idee importanti, tanti progetti necessari, facciamo silenzio, vinti dalla grandezza e dalla trascendenza di Dio. Ricolmi di timore filiale, leviamo gli occhi verso il Cristo glorioso che a ciascuno di noi chiede: «Mi ami tu?». Lasciamo risuonare la sua domanda. Non affrettiamoci a rispondere. Lo amiamo davvero? Lo amiamo fino alla morte? Se con umiltà e semplicità possiamo rispondere: «Signore, tu sai tutto; tu sai che ti amo», allora Egli ci sorriderà, allora Maria e i Santi del cielo ci sorrideranno e diranno a ogni cristiano come, un tempo, a Francesco d’Assisi: «Va’ e ripara la mia Chiesa!». Va’, riparala con la tua fede, con la tua speranza e con la tua carità. Va’, e riparala con la tua preghiera e la tua fedeltà. Grazie a te la mia Chiesa tornerà ad essere la mia casa.
Card. Robert Sarah.
Senza l’unione con Dio ogni tentativo di consolidamento della Chiesa e della fede risulterà vano. Senza la preghiera saremo come cembali che tintinnano. Saremo ridotti al rango di pagliacci che fanno tanti versi e producono solo vento. La preghiera deve diventare il nostro respiro più intimo. Ci conduce al cospetto di Dio. Abbiamo altri scopi? Noi, Cristiani, Sacerdoti, Vescovi, abbiamo forse un’altra ragione di vita diversa dallo stare davanti a Dio e dal condurvi gli altri? È ora di insegnarla! È ora di praticarla! «Chi prega si salva, chi non prega si danna» diceva Sant'Alfonso. Vorrei insistere su questo punto, perché una Chiesa che non considera la preghiera come il suo tesoro più prezioso è destinata a fallire. Se non ritroviamo il senso delle lunghe e pazienti veglie in compagnia del Signore, noi lo tradiremo. Gli Apostoli lo hanno tradito: ci riteniamo migliori di loro? I Sacerdoti, in particolare, devono assolutamente possedere un’anima orante. Senza la preghiera la più efficace azione sociale sarebbe inutile. Ci darebbe l’illusione di servire Dio mentre compiamo l’opera del Maligno. Non si tratta di moltiplicare le devozioni. Si tratta di tacere, di fare adorazione. Si tratta di metterci in ginocchio. Di entrare con timore e tremore nella liturgia, che è un’azione di Dio, non un teatro. Mi piacerebbe che i miei confratelli Vescovi non dimenticassero mai le loro gravi responsabilità. Desiderate risollevare la Chiesa? Mettetevi in ginocchio! È l’unico modo! Diversamente, ciò che farete non sarà opera di Dio. Solo Dio può salvarci. Lo farà solo se lo preghiamo. Come vorrei che in tutto il mondo si levasse una preghiera profonda e ininterrotta, una lode e una supplica adoranti. Il giorno in cui questo canto silenzioso risuonerà nei cuori, il Signore potrà finalmente essere udito e potrà agire attraverso i suoi figli. Fino ad allora gli saremo d’ostacolo con le nostre agitazioni e le nostre chiacchiere. Se non appoggiamo, come Giovanni, il nostro capo sul cuore di Cristo, non avremo la forza di seguirlo fino alla Croce. Se non ci fermiamo ad ascoltare i battiti del cuore del nostro Dio, lo abbandoneremo, lo tradiremo proprio come hanno fatto gli Apostoli.
La dottrina cattolica.
Non dobbiamo inventare e costruire noi l’unità della Chiesa. La fonte della nostra unità ci precede e ci viene offerta. È la Rivelazione che abbiamo ricevuto. Se ciascuno difende la propria opinione, la propria novità, si diffonderà dappertutto la divisione. Mi addolora vedere tanti pastori svendere la dottrina cattolica e seminare la divisione tra i fedeli. Al popolo cristiano dobbiamo un insegnamento chiaro, fermo e sicuro. Come possiamo accettare che le conferenze episcopali si contraddicano? Dio non può abitare là dove regna la confusione! L’unità della fede implica l’unità del Magistero nello spazio e nel tempo. Quando ci viene trasmesso un insegnamento nuovo, esso deve sempre venire interpretato con coerenza con quello che l’ha preceduto. Se introduciamo rotture e rivoluzioni spezziamo l’unità che regge la Santa Chiesa attraverso i secoli. Ciò non significa essere condannati al fissismo. Ma ogni evoluzione deve essere una migliore comprensione e un approfondimento del passato. La riforma nella continuità, che Benedetto XVI ha insegnato con chiarezza, è una condizione sine qua non dell’unità. Coloro che annunciano con tanto clamore il cambiamento e la rottura sono falsi profeti. Essi non cercano il bene del gregge. Sono mercenari che si sono introdotti con l’inganno nell’ovile. La nostra unità sarà forgiata attorno alla verità della dottrina cattolica. Non vi sono altri mezzi. Voler guadagnare la popolarità al prezzo della verità significa di nuovo agire come Giuda. Non dobbiamo aver paura! Quale dono più meraviglioso da offrire all’umanità della verità del Vangelo? Certo, Gesù è esigente. Sì, seguirlo implica il portare la sua Croce ogni giorno! La tentazione della vigliaccheria si annida dappertutto. Insidia in particolare i pastori. L’insegnamento di Gesù sembra troppo duro. Quanti tra noi sono tentati di pensare: «Questo linguaggio è duro: chi può intenderlo?» Gv 6,60. Il Signore si rivolge a coloro che ha scelto, a noi Sacerdoti e Vescovi, e di nuovo ci domanda: «Volete andarvene anche voi?» Gv 6,67. Fissa il suo sguardo nel nostro. E chiede a ciascuno: «Vuoi abbandonarmi? Vuoi rinunciare a insegnare la fede in tutta la sua pienezza? Avrai il coraggio di predicare la mia presenza reale nell'Eucaristia? Avrai il coraggio di chiamare i giovani nella vita consacrata? Avrai la forza di affermare che senza la confessione frequente la comunione sacramentale rischia di perdere il proprio significato? Avrai l’audacia di richiamare la verità dell’indissolubilità del matrimonio? Avrai la carità di farlo anche con coloro che forse te ne faranno una colpa? Avrai il coraggio di invitare con dolcezza i divorziati, impegnati in una nuova unione, a cambiare vita? Preferisci il successo o mi vuoi seguire? Voglia Dio che, come San Pietro, possiamo rispondergli, colmi di amore e di umiltà: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna!» Gv 6,68.
L’amore verso Pietro.
Il Papa è colui che porta in sè il mistero di Simon Pietro, al quale Cristo ha detto: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa» Mt 16,18. Il mistero di Pietro è un mistero di fede. Gesù ha voluto affidare la sua Chiesa a un uomo. Perché potessimo ricordarcene meglio ha lasciato che quest’uomo lo tradisse per tre volte davanti a tutti, prima di consegnargli le chiavi della sua Chiesa. Sappiamo che la barca della Chiesa non è affidata a un uomo in virtù di capacità fuori dal comune. Crediamo quindi che tale uomo godrà sempre dell’assistenza del pastore divino perché possa conservare salda la regola della fede. Non dobbiamo aver paura! Ascoltiamo Gesù: «Tu sei Simone [...]; ti chiamerai Cefa!» Gv 1,42. Già dalle prime ore si tesse la trama della storia della Chiesa: il filo d’oro delle decisioni infallibili dei Pontefici, successori di Pietro; il filo nero delle azioni umane e imperfette dei Papi, successori di Pietro. In questo groviglio incomprensibile di fili possiamo intravedere il piccolo ago guidato dalla mano invisibile di Dio, intento a ricamare nella trama l’unico nome nel quale possiamo trovare salvezza, il nome di Gesù Cristo! I vostri pastori sono pieni di difetti e di imperfezioni. Ma non è disprezzandoli che costruirete l’unità della Chiesa. Non abbiate paura di esigere da loro la fede cattolica, i Sacramenti della vita divina. Ricordate le parole di Agostino: «Quando Pietro battezza, è Gesù che battezza. Ma quando Giuda battezza, è ancora Gesù che battezza!» Omelie sul Vg di Giovanni,V. Quando celebra i Sacramenti anche il più indegno dei Sacerdoti rimane comunque lo strumento della grazia divina. Guardate fino a che punto Dio ci ama! Acconsente a consegnare il suo corpo eucaristico nelle mani sacrileghe di Sacerdoti miserabili. Se pensate che i vostri Sacerdoti e i vostri Vescovi non siano dei santi, allora siatelo voi per loro. Fate penitenza, digiunate per riparare le loro colpe. Solo così si può portare il fardello l’uno dell’altro.
La carità fraterna.
Ricordiamoci delle parole del Concilio Vaticano II: «La Chiesa è [...] il sacramento [...] dell’unità di tutto il genere umano» LG, 1. Per questo motivo, tanto odio e tanta divisione la sfigurano. È ora di ritrovare tra di noi un po’ di carità. È ora di annunciare la fine del sospetto e della diffidenza! Per noi Cattolici è ora di intraprendere «un vero cammino di interiore riconciliazione», per usare un’espressione di Papa Benedetto XVI. Scrivo queste righe nel mio ufficio dal quale posso scorgere piazza San Pietro. Essa spalanca le sue larghe braccia per accogliere meglio l’intera umanità. La Chiesa, infatti, è una madre, ed ella ci apre le sue braccia! Corriamo a rannicchiarvici, a stringerci gli uni accanto agli altri! Nel suo grembo nulla può minacciarci! Cristo ha steso una volta per tutte le sue braccia sulla Croce perché ormai la Chiesa possa aprire le proprie e noi riconciliarci in essa, con Dio e tra di noi. A tutti coloro che sono tentati di cedere al tradimento, al dissenso, alla manipolazione, il Signore ripete queste parole: «Perché mi perseguiti? [...] Io sono Gesù, che tu perseguiti» At 9,4-5. quando discutiamo, quando ci odiamo, perseguitiamo Gesù! Preghiamo un po’ insieme davanti al grande affresco di Michelangelo nella Cappella Sistina. Vi è raffigurato il Giudizio Universale. Mettiamoci in ginocchio di fronte alla maestà divina che vi è rappresentata. La circonda tutta la corte celeste. Ci sono i santi che recano lo strumento del loro martirio. Ecco gli apostoli, le vergini, alcuni sconosciuti, quei santi cioè che sono il segreto del cuore di Dio. Tutti cantano la sua gloria e la sua lode. Ai loro piedi, i dannati dell’inferno gridano il loro odio contro Dio. Ecco che d’un tratto prendiamo coscienza della nostra piccolezza, del nostro niente. Ecco che d’un tratto noi, che pensavamo di avere tante idee importanti, tanti progetti necessari, facciamo silenzio, vinti dalla grandezza e dalla trascendenza di Dio. Ricolmi di timore filiale, leviamo gli occhi verso il Cristo glorioso che a ciascuno di noi chiede: «Mi ami tu?». Lasciamo risuonare la sua domanda. Non affrettiamoci a rispondere. Lo amiamo davvero? Lo amiamo fino alla morte? Se con umiltà e semplicità possiamo rispondere: «Signore, tu sai tutto; tu sai che ti amo», allora Egli ci sorriderà, allora Maria e i Santi del cielo ci sorrideranno e diranno a ogni cristiano come, un tempo, a Francesco d’Assisi: «Va’ e ripara la mia Chiesa!». Va’, riparala con la tua fede, con la tua speranza e con la tua carità. Va’, e riparala con la tua preghiera e la tua fedeltà. Grazie a te la mia Chiesa tornerà ad essere la mia casa.
Card. Robert Sarah.