3 Domenica del Tempo Ordinario 2020
Il neomodernismo:
una eresia con lunghe radici nella storia.
Cos’è il modernismo? È una eresia o meglio varie eresie sorte in seno alla Chiesa al principio del 20° secolo sotto l’influsso della filosofia e della critica moderna. Il Modernismo professa l’agnosticismo, cioè il fatto che Dio non si può conoscere; che la coscienza umana porta in sé ogni verità, anche quella divina; che la vera realtà non è l’essere, ma il divenire dentro e fuori dell’uomo. Ne consegue...
una eresia con lunghe radici nella storia.
Cos’è il modernismo? È una eresia o meglio varie eresie sorte in seno alla Chiesa al principio del 20° secolo sotto l’influsso della filosofia e della critica moderna. Il Modernismo professa l’agnosticismo, cioè il fatto che Dio non si può conoscere; che la coscienza umana porta in sé ogni verità, anche quella divina; che la vera realtà non è l’essere, ma il divenire dentro e fuori dell’uomo. Ne consegue...
1) l’impossibilità di dimostrare l’esistenza di Dio;
2) la religione è un prodotto della nostra coscienza e i dogmi sono sempre in evoluzione;
3) la Bibbia non è un libro ispirato da Dio, è libro umano e quindi soggetto ad errori;
4) la scienza non ha nulla a che fare con la fede, quindi lo scienziato come tale può negare ciò che ammette come credente;
5) la divinità di Gesù non si ricava dai Vangeli;
6) Cristo non ha istituito la Chiesa né il primato di Pietro;
7) i Sacramenti non furono istituiti da Gesù Cristo, ma dagli Apostoli.
San Pio X conclude che questi principi deleteri, conducono all’abolizione di ogni religione e quindi all’Ateismo.
Oggi sembra che stiamo vivendo nella chiesa le eresie di più di cento anni fa.
Questo porta il nome di neomodernismo.
Per capire la situazione in cui siamo immersi è necessario comprendere come il modernismo si sia insinuato nella Chiesa, nonostante il giuramento antimodernista voluto dal Santo Padre Pio X il 1 settembre 1910. Iniziamo da questa affermazione (1943) del più famoso modernista italiano, Ernesto Bonaiuti: «Fino ad oggi si è voluto riformare Roma senza Roma, o magari contro Roma. Bisogna riformare Roma con Roma; fare che la riforma passi attraverso le mani di coloro i quali devono essere riformati». «Il culto esteriore – continua Bonaiuti – durerà sempre come la gerarchia, ma la Chiesa in quanto maestra dei sacramenti e dei suoi ordini, modificherà la gerarchia ed il culto secondo i tempi: essa renderà quella più semplice, più liberale, e questo più spirituale; e per quella via essa diventerà un protestantesimo, ma un protestantesimo ortodosso, graduale e non violento; un protestantesimo che non distruggerà la continuità apostolica del ministero ecclesiastico, né l’essenza stessa del culto» E. Bonaiuti, Il modernismo cattolico, Guanda, Modena 1943 pag. 128.
«Roma – aveva affermato il gesuita don George Tyrrell, modernista irlandese – non può essere distrutta in un giorno, ma bisogna farla cadere in polvere e in cenere in modo graduale e inoffensivo, allora noi avremo una nuova religione e un nuovo decalogo». Certo, queste parole non lasciano spazio a dubbi o ad interpretazioni.
Il 1 settembre 1907 San Pio X condannò il modernismo con enciclica «Pascendi».
Molti pensarono che con la condanna di San Pio X la storia fosse chiusa. Nell’ottobre 1909 Loisy, padre del modernismo, parlava dei suoi compagni come dei «morti». Un mese prima egli ammetteva che il modernismo «è in piena ritirata e sarà presto annientato». Anche lo scrittore Belloc proclamava che «il colpo della Pascendi è stato mortale. Il modernismo è morto!». Tutt’altro, purtroppo! Per niente pentiti, dopo il documento papale, i modernisti si nascosero ancor di più, formando la cosiddetta «massoneria cattolica». Il primo che se ne rese conto fu proprio il Papa, l’occhio del Sommo Pescatore, che vegliava. Nel 1910 San Pio X pubblicava il motu proprio «Sacrorum antistitum», nel quale denunciava che i modernisti si stavano unendo in una lega clandestina «clandestinum foedus» e che non hanno abbandonato l’intento di perturbare la pace della Chiesa. Al fine di chiudere definitivamente le porte, egli istituì il celebre giuramento antimodernista, richiesto ai Vescovi e Sacerdoti, nonché ai professori di Teologia.
2) la religione è un prodotto della nostra coscienza e i dogmi sono sempre in evoluzione;
3) la Bibbia non è un libro ispirato da Dio, è libro umano e quindi soggetto ad errori;
4) la scienza non ha nulla a che fare con la fede, quindi lo scienziato come tale può negare ciò che ammette come credente;
5) la divinità di Gesù non si ricava dai Vangeli;
6) Cristo non ha istituito la Chiesa né il primato di Pietro;
7) i Sacramenti non furono istituiti da Gesù Cristo, ma dagli Apostoli.
San Pio X conclude che questi principi deleteri, conducono all’abolizione di ogni religione e quindi all’Ateismo.
Oggi sembra che stiamo vivendo nella chiesa le eresie di più di cento anni fa.
Questo porta il nome di neomodernismo.
Per capire la situazione in cui siamo immersi è necessario comprendere come il modernismo si sia insinuato nella Chiesa, nonostante il giuramento antimodernista voluto dal Santo Padre Pio X il 1 settembre 1910. Iniziamo da questa affermazione (1943) del più famoso modernista italiano, Ernesto Bonaiuti: «Fino ad oggi si è voluto riformare Roma senza Roma, o magari contro Roma. Bisogna riformare Roma con Roma; fare che la riforma passi attraverso le mani di coloro i quali devono essere riformati». «Il culto esteriore – continua Bonaiuti – durerà sempre come la gerarchia, ma la Chiesa in quanto maestra dei sacramenti e dei suoi ordini, modificherà la gerarchia ed il culto secondo i tempi: essa renderà quella più semplice, più liberale, e questo più spirituale; e per quella via essa diventerà un protestantesimo, ma un protestantesimo ortodosso, graduale e non violento; un protestantesimo che non distruggerà la continuità apostolica del ministero ecclesiastico, né l’essenza stessa del culto» E. Bonaiuti, Il modernismo cattolico, Guanda, Modena 1943 pag. 128.
«Roma – aveva affermato il gesuita don George Tyrrell, modernista irlandese – non può essere distrutta in un giorno, ma bisogna farla cadere in polvere e in cenere in modo graduale e inoffensivo, allora noi avremo una nuova religione e un nuovo decalogo». Certo, queste parole non lasciano spazio a dubbi o ad interpretazioni.
Il 1 settembre 1907 San Pio X condannò il modernismo con enciclica «Pascendi».
Molti pensarono che con la condanna di San Pio X la storia fosse chiusa. Nell’ottobre 1909 Loisy, padre del modernismo, parlava dei suoi compagni come dei «morti». Un mese prima egli ammetteva che il modernismo «è in piena ritirata e sarà presto annientato». Anche lo scrittore Belloc proclamava che «il colpo della Pascendi è stato mortale. Il modernismo è morto!». Tutt’altro, purtroppo! Per niente pentiti, dopo il documento papale, i modernisti si nascosero ancor di più, formando la cosiddetta «massoneria cattolica». Il primo che se ne rese conto fu proprio il Papa, l’occhio del Sommo Pescatore, che vegliava. Nel 1910 San Pio X pubblicava il motu proprio «Sacrorum antistitum», nel quale denunciava che i modernisti si stavano unendo in una lega clandestina «clandestinum foedus» e che non hanno abbandonato l’intento di perturbare la pace della Chiesa. Al fine di chiudere definitivamente le porte, egli istituì il celebre giuramento antimodernista, richiesto ai Vescovi e Sacerdoti, nonché ai professori di Teologia.
È doveroso leggere l’incipit per comprendere come san Pio X avesse uno sguardo acutissimo:
«Nessuno tra i Vescovi ignora che una genia perniciosissima di persone, i modernisti, anche dopo che con l’Enciclica Pascendi dominici gregis fu tolta loro la maschera di cui si coprivano, non hanno abbandonato i loro piani di turbare la pace della Chiesa. Difatti non hanno cessato di ricercare nuovi adepti raggruppandoli in una società segreta, e per mezzo di costoro inoculare il veleno delle loro opinioni nelle vene della società cristiana con la pubblicazione di libri e scritti anonimi o sotto falso nome. Se, dopo aver riletto la detta Nostra Lettera Enciclica, si considera attentamente tale culmine d’audacia che Ci ha causato tanto dolore, ci si convincerà facilmente che queste persone non sono diverse da come ivi Noi le abbiamo descritte, avversari tanto più da temersi, quanto più ci sono vicini; i quali abusano del loro ministero per prendere all’amo con esca avvelenata gli incauti che abboccano, spargendo attorno a sé un’apparenza di dottrina che contiene la somma di tutti gli errori».
«Nessuno tra i Vescovi ignora che una genia perniciosissima di persone, i modernisti, anche dopo che con l’Enciclica Pascendi dominici gregis fu tolta loro la maschera di cui si coprivano, non hanno abbandonato i loro piani di turbare la pace della Chiesa. Difatti non hanno cessato di ricercare nuovi adepti raggruppandoli in una società segreta, e per mezzo di costoro inoculare il veleno delle loro opinioni nelle vene della società cristiana con la pubblicazione di libri e scritti anonimi o sotto falso nome. Se, dopo aver riletto la detta Nostra Lettera Enciclica, si considera attentamente tale culmine d’audacia che Ci ha causato tanto dolore, ci si convincerà facilmente che queste persone non sono diverse da come ivi Noi le abbiamo descritte, avversari tanto più da temersi, quanto più ci sono vicini; i quali abusano del loro ministero per prendere all’amo con esca avvelenata gli incauti che abboccano, spargendo attorno a sé un’apparenza di dottrina che contiene la somma di tutti gli errori».
Ecco come si chiude il motu proprio di papa Sarto:
«Ormai è un fatto che non dobbiamo più affrontare, come all’inizio, degli avversarii travestiti con vesti d’agnello, ma nemici dichiarati e feroci, entro la stessa casa, i quali, avendo fatto un patto coi peggiori nemici della Chiesa, si propongono di distruggere la Fede. Si tratta di uomini la cui arroganza contro la sapienza che ci viene dal Cielo si rinnova ogni giorno, che si arrogano il diritto di riformarla come se si stesse corrompendo; che vogliono rinnovarla come se la vecchiezza l’avesse consumata; che vogliono darle nuovo impulso e adattarla ai voleri del mondo, al progresso, ai comodi del secolo, come se essa si opponesse non alla leggerezza di alcuni, ma al bene stesso della società. A fronte di questi oltraggi contro la dottrina evangelica e contro le tradizioni ecclesiastiche, non sarà mai troppa la vigilanza e la fermezza di coloro a cui è stato affidato di custodire fedelmente il sacro deposito».
Alla morte di San Pio X le maglie della rete anti-modernista si allargarono e di molto. Il fiume del modernismo poté cosi scorrere tranquillamente in attesa di prorompere in superficie nel momento propizio. Una conferma dell’esistenza di questo fiume sotterraneo che scorreva nella Chiesa si ebbe nel 1978, quando venne pubblicato un documento, fino ad allora sconosciuto, dal titolo «Dal profondo: il testamento di fede di don Primo Vannutelli», un sacerdote romano morto a Roma il 9 aprile 1945, presso i padri Filippini. Dopo essere stato modernista, rientrò nei ranghi prestando il prescritto giuramento antimodernista. Ecco, però, quale era la sua fede nella nuova chiesa: «Attenti studi fatti per secoli, da uomini di più nazioni, di varia mente, e tra essi anche da figli tuoi, hanno mostrato che secondo gli Evangeli più antichi Gesù ignorò di essere il Logos di Dio, Dio con il Padre, stato prima del mondo. Questi titoli Gesù in quei racconti non si dà mai. Fu profeta grande, servo e figlio di Dio, inviato ad una grande opera, ma non fortunato come Mosè o Maometto, o Francesco d’Assisi. […] E se taluno che legge questi fogli mi domandasse: che resta allora al Cristianesimo se Gesù non è Dio?, gli rispondo già fin d’ora: Resta poco: Dio, l’anelito e la gioia dell’universo. Ma allora, che cosa distinguerà più il cristiano dall’israelita e dal maomettano? Ti contristeresti se nulla ci distinguesse davvero? Se nell’amore del Padre fossimo tutti d’un labbro solo e d’un cuore? Se alle tante cause di discordia tra gli uomini, non si aggiungesse quella che più dovrebbe essere d’amore? Se la verità, che è una, ci unisse?… La riforma per essere radicale dovrebbe essere di riti, non di dogmi apertamente».
Rimangono i fatti: il giuramento antimodernista fu abolito da Paolo VI nel 1966, dopo il Vaticano II, e la riforma liturgica di Paolo VI entrò in vigore nel 1969.
Il resto è storia d’oggi, fino a giungere alla «Dichiarazione sulla Fratellanza umana per la pace mondiale e la fratellanza di Abu Dhabi» e alla «casa dei monoteismi» con moschea, sinagoga e chiesa, ossia l’«Abrahamic Family house».
Sia lodato Gesù Cristo.
«Ormai è un fatto che non dobbiamo più affrontare, come all’inizio, degli avversarii travestiti con vesti d’agnello, ma nemici dichiarati e feroci, entro la stessa casa, i quali, avendo fatto un patto coi peggiori nemici della Chiesa, si propongono di distruggere la Fede. Si tratta di uomini la cui arroganza contro la sapienza che ci viene dal Cielo si rinnova ogni giorno, che si arrogano il diritto di riformarla come se si stesse corrompendo; che vogliono rinnovarla come se la vecchiezza l’avesse consumata; che vogliono darle nuovo impulso e adattarla ai voleri del mondo, al progresso, ai comodi del secolo, come se essa si opponesse non alla leggerezza di alcuni, ma al bene stesso della società. A fronte di questi oltraggi contro la dottrina evangelica e contro le tradizioni ecclesiastiche, non sarà mai troppa la vigilanza e la fermezza di coloro a cui è stato affidato di custodire fedelmente il sacro deposito».
Alla morte di San Pio X le maglie della rete anti-modernista si allargarono e di molto. Il fiume del modernismo poté cosi scorrere tranquillamente in attesa di prorompere in superficie nel momento propizio. Una conferma dell’esistenza di questo fiume sotterraneo che scorreva nella Chiesa si ebbe nel 1978, quando venne pubblicato un documento, fino ad allora sconosciuto, dal titolo «Dal profondo: il testamento di fede di don Primo Vannutelli», un sacerdote romano morto a Roma il 9 aprile 1945, presso i padri Filippini. Dopo essere stato modernista, rientrò nei ranghi prestando il prescritto giuramento antimodernista. Ecco, però, quale era la sua fede nella nuova chiesa: «Attenti studi fatti per secoli, da uomini di più nazioni, di varia mente, e tra essi anche da figli tuoi, hanno mostrato che secondo gli Evangeli più antichi Gesù ignorò di essere il Logos di Dio, Dio con il Padre, stato prima del mondo. Questi titoli Gesù in quei racconti non si dà mai. Fu profeta grande, servo e figlio di Dio, inviato ad una grande opera, ma non fortunato come Mosè o Maometto, o Francesco d’Assisi. […] E se taluno che legge questi fogli mi domandasse: che resta allora al Cristianesimo se Gesù non è Dio?, gli rispondo già fin d’ora: Resta poco: Dio, l’anelito e la gioia dell’universo. Ma allora, che cosa distinguerà più il cristiano dall’israelita e dal maomettano? Ti contristeresti se nulla ci distinguesse davvero? Se nell’amore del Padre fossimo tutti d’un labbro solo e d’un cuore? Se alle tante cause di discordia tra gli uomini, non si aggiungesse quella che più dovrebbe essere d’amore? Se la verità, che è una, ci unisse?… La riforma per essere radicale dovrebbe essere di riti, non di dogmi apertamente».
Rimangono i fatti: il giuramento antimodernista fu abolito da Paolo VI nel 1966, dopo il Vaticano II, e la riforma liturgica di Paolo VI entrò in vigore nel 1969.
Il resto è storia d’oggi, fino a giungere alla «Dichiarazione sulla Fratellanza umana per la pace mondiale e la fratellanza di Abu Dhabi» e alla «casa dei monoteismi» con moschea, sinagoga e chiesa, ossia l’«Abrahamic Family house».
Sia lodato Gesù Cristo.