Preghiera e Liturgia

Epifania 2020

Stella Cometa Verona
A Betlemme giungono anche i Magi.
«Gli offrirono in dono oro, incenso e mirra» Mt 2,11.

Solennità dell’Epifania. Questo nome viene dal verbo greco «epifaino» che significa rendersi manifesto dall'alto. Epifania significa quindi manifestazione, apparizione: la manifestazione della presenza Divina. I greci impiegavano questo termine per parlare delle manifestazioni prodigiose degli Dei che intervenivano con apparizioni, con miracoli con grandi gesti in cui si rivelava la loro potenza quando intervenivano per soccorrere nel momento del bisogno… per esempio per aiutare in una battaglia e si diceva che c'era stata una epifania della divinità, la potenza soccorritrice del loro dio. Allora oggi ci chiediamo: ma che manifestazione di Gesù c’è stata?
Per i pagani, quando c'era un epifania dei loro dei, doveva accadere qualcosa di straordinario… qui noi non abbiamo nessuna manifestazione straordinaria, abbiamo un bambino avvolto in fasce… è questa l'epifania di Dio? La risposta è sì. Una epifania che nessuno si sarebbe aspettato, è la rivelazione avvenuta nel Natale, l'epifania dell'amore incondizionato di Dio. Alla grotta di Betlemme sono giunti per primi i pastori, ma giungono anche i Magi; quelli venivano da vicino, questi da lontano; quelli sono poveri, questi ricchi; i primi sono senza cultura e ai margini della società, sapienti ed altolocati i secondi, ma nella grotta tutti si inginocchiano ad adorare. In quell’atto di umiltà incontrano il Signore e si incontrano tra di loro.
Nel documento Evangelii Gaudium troviamo questa bellissima frase: «Ogni cristiano, in qualsiasi luogo e situazione si trovi, rinnovi oggi stesso il suo incontro personale con Gesù Cristo o, almeno, prenda la decisione di lasciarsi incontrare da Lui, di cercarlo ogni giorno senza sosta» EG 3. Il cammino di ricerca di Dio dura quanto la vita e se ogni giorno non si ricomincia con rinnovato slancio, non si arriverà mai. Un passo dopo l’altro, senza mai stancarsi, senza vagare o deviare un po’ a destra un po’ a sinistra. Bisogna puntare diritto alla meta, altrimenti ci si perde. E poiché c’è un nemico che vorrebbe farci sbagliare la strada, occorre essere sentinelle vigilanti!

Dovremmo domandarci seriamente: «Nel mio cammino di ricerca di Dio, ho perso tempo? Ho detto anch'io - come confessava di aver fatto per lungo tempo Sant'Agostino - Domani, domani...-, invece di dire - Eccomi? -». Vivere è cercare Dio, vivere è incontrare Dio. Se lo cerchiamo seriamente, certamente lo incontriamo e quindi viviamo in comunione con Lui e con tutti. Una stella guidava i Magi che venivano da lontano, seguendola giunsero a Betlemme. La stella che ci guida all’incontro con Dio è la fede; nel Battesimo è stata accesa nei nostri cuori, vi è stata nascosta come un tesoro e noi dobbiamo scoprirla, lasciarla risplendere e seguirla. Il cammino va verso una meta lontana, molto lontana. Per portarlo a compimento, è necessaria una fede robusta, che non indietreggi davanti a nessuna difficoltà, che non si lasci sedurre da nessun’altra proposta umanamente più facile e appagante, che non ceda al dubbio o alla stanchezza. Non si tratta di una fede astratta, soltanto teorica, ma di credere che c’è un Dio Padre buono e che questo Padre ci ha mandato il suo Figlio, Gesù Cristo, per salvarci e condurci alla sua Casa, nel suo Regno eterno. Se uno sa di essere amato e atteso, si sente sospinto dall'amore e affronta tutte le difficoltà, non si arrende davanti alla stanchezza. I Magi seguivano la stella perché avevano saputo che era nato il Messia. Mossi dal desiderio di incontrarlo, partirono ignari di tutto, affidandosi alla guida della stella. Anche noi dobbiamo affidarci alla Parola di Dio, al Verbo Incarnato, perché questa è la realtà di cui viviamo ed è profezia della pienezza che vivremo. I Magi vengono da lontano, anche noi siamo sempre un po’ «lontani», un po’ «smarriti», ma vogliamo diventare vicini, incontrare Gesù, Figlio di Dio, che si è fatto uomo per venire tra noi. Secondo le notizie sentite, i Magi cercano il Re dei re, un grande personaggio; la stella invece li conduce ad una povera capanna. Essi potevano ben dire: «No, non è qui...Non può essere questo... Con tutte le cose meravigliose che ci sono nel mondo, che cosa può valere questo bambino?». Invece lo hanno riconosciuto e adorato, perché Gesù stesso si è manifestato alle loro menti e ai loro cuori. La ricerca del cuore è la condizione dell'uomo umile; chi cerca riconosce di essere povero, bisognoso di qualcosa, di tutto, specialmente bisognoso di Qualcuno. Sapere di essere poveri ci mette in cammino e ci fa trovare la vera ricchezza; bisogna però ammettere e accettare di essere poveri. Si possono avere molte conoscenze e molte cose, ma se manca l’essenza che da senso alla vita, la vita stessa diventa un enigma, persino un’assurdità. Con la fede, invece, la vita è e rimane un mistero, ma è illuminata dall'interno. Dobbiamo dunque imparare, proprio imparare, anche se con fatica, a riconoscerci uomini sempre in ricerca, ma non di cose, bensì di Uno che dà senso a tutta la nostra esistenza, Uno da cui veniamo e a cui andiamo e nel quale esistiamo, Uno che è nascosto, ma che si svela per illuminazione interiore, per intuizione d’amore.

Un filosofo ebreo diceva: «Noi ritroviamo noi stessi in mezzo all’ardente fulgore della lontanissima stella della verità eterna... Ma dobbiamo avere il coraggio di pronunciare - È vero! -. La verità di Dio non è altro che l’amore con cui Egli ci ama. A questa verità, che è il sigillo di Dio, corrisponde quel "È vero" come sigillo dell’uomo» Franz Rosenzweig. Questo significa che si deve aderire per fede alla persona di Gesù, che ci si deve immergere nel dinamismo del suo amore. Cercheremo di metterci in queste disposizioni per rendere vera la grazia del Natale, per vivere con passione d’amore la nostra vita. Molto facilmente, senza questo slancio di fede e di amore, davanti ad ogni difficoltà, la vita ci appare senza senso, una fatica inutile. Ma non è così; questo è il sintomo di una malattia dell’anima, che solo la fede può guarire. Vivere in pienezza è essere in Cristo, è avere Cristo nel cuore perché coincida con il nostro stesso respiro, come diceva Antonio di Padova. Allora la vita è bella, anche tra le fatiche e le pene di questo tempo presente. Se c’è la stella della fede, se c’è l'unione vitale con Cristo e l’anelito alla pienezza, allora possiamo dire che siamo vivi e che stiamo diventando sempre più vivi e, nonostante tutto, felici e capaci di dire grazie a Colui che è l'Eterno Vivente.

Ultimi pellegrini a giungere alla grotta di Betlemme sono i Magi.
Giungono da lontano. In loro vediamo rappresentata l’umanità di oggi, che in molti modi soffre la realtà della lontananza: anzitutto quella fisica, ma soprattutto lontananza nel cuore, là dove la fede sempre spenta, dove l’indifferenza e l’ateismo seminano tristezza e angoscia. La pagina evangelica dei Magi offre una parola piena di speranza e di grande gioia: per quanto lontano si possa essere, per quanto immersi nella notte, alta nel cielo brilla una stella che ci indica la via. Con i Magi, anche noi ci rimettiamo in cammino; con loro ripercorriamo le grandi tappe della storia della salvezza e con loro, dopo un’ultima sosta di adorazione nella grotta di Betlemme, riprendiamo il cammino della vita quotidiana. È il cammino della fede e della testimonianza, un cammino di gioia, perché abbiamo trovato il vero Tesoro e non ci stancheremo mai di continuare a cercarlo. Lo scopriremo in ogni persona che incontreremo, ma soprattutto nella Santa Messa che ogni domenica celebriamo.
Dalla mangiatoia all’Eucaristia: «Et Verbum caro factum est».

Sia lodato Gesù Cristo.

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