Cristo Re dell'Universo 2019
«Non voglio combattere, né vivere, né morire,
se non per Voi e per la Vostra Chiesa.
Madre Santa di Guadalupe, concedetemi
che il mio ultimo grido sulla terra
ed il mio cantico nel Cielo sia: Viva Cristo Re!».
se non per Voi e per la Vostra Chiesa.
Madre Santa di Guadalupe, concedetemi
che il mio ultimo grido sulla terra
ed il mio cantico nel Cielo sia: Viva Cristo Re!».
Trentaquattresima puntata. Che cosa accadrà? Quali colpi di scena ci rivelerà l'ultimo Vangelo di questo anno in compagnia di Luca?
La storia del nostro grande eroe, del personaggio che abbiamo amato per più di cinquanta settimane, con chi ci ha appassionato con le sue parole, i suoi miracoli, le discussioni… dove ci condurrà oggi? Insomma, bisognerebbe finire in bellezza! Sì, perché questa festa è singolare e paradossale. Nella nostra bimillenaria tradizione è una delle ultime arrivate. Correva l'anno 1925 quando Pio XI istituì la Solennità di Cristo Re dell'Universo. Anni in cui nel mondo altri sognarono di essere re dell'universo. Forse anche per contrastare queste figure dittatoriali fu decisa questa Solennità. Che cosa abbiamo da mostrare, come contraltare, alla potenza e alla forza di quegli stati? Come far vedere la forza ben più grande di quelle infinite e pompose parate militari? Che entrino le armate del nostro Re!... Mamma mia, come siamo messi male!
La regalità di Cristo è spiegata tutta nella sua Passione.
È proprio in queste pagine che viene fuori la regalità di Gesù: l'entrata solenne in Gerusalemme - puoi capire…sopra un asino!! -, il processo che lo vede sconfitto e condannato, nonostante egli stesso si dichiari re... ma non di questo mondo! Sta morendo e tutti lo deridono, tutti lo prendono in giro: «Guardatelo, il re!». Sono scandalizzati i devoti, gli uomini religiosi: ma che Dio è questo che lascia morire il suo eletto? Si scandalizzano i soldati, gli uomini forti: «Se sei il re, usa la forza! Salva, salva, salva te stesso!» per tre volte. C'è forse qualcosa che vale più di aver salva la vita? Sì. Qualcosa vale di più: l'amore vale più della vita. È un re giustiziato, ma non vinto; un re con una corona di spine che muore amando; un re che noi possiamo rifiutare, ma che Lui non potrà mai più rifiutare noi. E Dio si gioca il tutto per tutto per conquistare l'uomo. C’è un malfattore, che usa una espressione che rivela: non vedi che anche Lui è nella stessa nostra pena? Dio sulla stessa croce dell'uomo, Dio accanto alla passione di ogni uomo. Che entra nella morte perché là va ogni suo figlio. Perché il primo dovere di chi ama è di essere con l'amato. Costui non ha fatto nulla di male. Che definizione di Gesù, nitida semplice, perfetta: niente di male, per nessuno, mai, solo bene, tutto bene. E si preoccupa fino all'ultimo non di sé, ma di chi gli muore accanto. Che gli si aggrappa: «Ricordati di me quando sarai nel tuo Regno». E Gesù non si ricorda, fa molto di più, lo porta con sé nel Regno: «Sarai con me!». Non ha nessun merito da vantare questo malfattore. Ma Dio non guarda ai meriti. Non ha virtù da presentare questo ladro. Ma Dio non guarda alle virtù. Guarda al cuore, come un padre o una madre guardano al cuore e al dolore del figlio.
«Sarai con me!»: la salvezza è un regalo, non un merito. E se il primo che entra in Paradiso è quest’uomo dalla vita sbagliata, che però sa aggrapparsi al crocifisso amore, allora le porte del cielo resteranno spalancate per sempre per tutti quelli che riconoscono Gesù come loro compagno di pena, come loro compagno d'amore, qualunque sia il loro passato: è questa la Buona Notizia di Gesù Cristo. Ma che ce ne facciamo di un re non di questo mondo? Dove sta la regalità di Gesù? Non mette in crisi anche noi questo re? Non mette in crisi anche la nostra Chiesa? Il Vangelo ci ha accompagnati per un anno e per tante settimane ci ha spronati alla conversione! Vuoi che non lo faccia anche l'ultima domenica? Che pagina quella di Luca! Abbiamo imparato a conoscere questo evangelista che ci ha condotti al volto di un Dio imprevedibile. Quante volte Gesù ha mischiato le carte e giocato il suo asso finale! Ostinato, fino alla fine. Non vuole essere frainteso… non sull'amore, non sul volto di un Dio che è perdono. Sempre! E così Luca ci mostra ancora una volta come gira il mondo, anche tra i cristiani, anche tra di noi!
Uno dopo l'altro, passando ai piedi della croce, come un coro a più voci, hanno un solo pensiero per la testa: salva te stesso! Ok, sei stato fedele a Dio, quasi fino alla morte. Ti crederemo. Ma scendi! Salvati! Altrimenti come faremo? Alla fine conta salvarsi, tutto il resto viene dopo. Logico, umano, ragionevole, comprensibile. Puoi rischiare, lottare, combattere per i tuoi ideali... ma se ne va di mezzo la vita, salvati! Salvati, salvami! Logico per tutti, ma non per Gesù. E non perché è fedele ad un principio. No, Gesù non muore per la fedeltà ad un ideale. Muore per amore! Per salvare non se stesso, ma te e me! E comincia subito, dal suo vicino di croce! Gesù cala l'asso, anche questa volta! Quell'uomo capisce, all'ultimo istante della sua vita, che lì c’è uno che non ha fatto niente di male. C’è uno che non ha vissuto la vita per salvarsi, non ha giocato in difesa, si è donato, sempre, fino alla fine.
«Ricordati di me». È la mia preghiera, Gesù, al termine di questo anno.
Ricordati di me... nonostante il mio passato, il mio anno, i miei giorni rubati, le mie relazioni non sempre vere ed autentiche, nonostante il mio male e il mio peccato, nonostante forse le mie poche preghiere e la mia poca carità... Ricordati di me... Neppure alla fine riesci a pensare a te stesso, a regalarti un ultimo respiro, in pace. «Oggi sarai con me nel paradiso». Il nostro anno finisce qui, ed è da qui che si ricomincerà ancora una volta! Per questa Fede, molti cristiani hanno affrontato la morte, mettendo la regalità di Cristo al primo posto nella loro vita.
Uno di questi martiri è stato il beato Michele Pro che rese la suprema testimonianza di fedeltà a Cristo e alla Chiesa durante la persecuzione che scoppiò in Messico nella prima metà del secolo ventesimo. Egli era un sacerdote gesuita e, durante la persecuzione fino al giorno della sua cattura, esercitò di nascosto il suo ministero sacerdotale in mezzo a pericoli di ogni genere. Venne purtroppo il giorno della sua cattura e fu condannato alla fucilazione. Morì gridando: «Viva Cristo Re!», entrando così nel Regno eterno preparato per tutti coloro che servono fedelmente su questa terra Gesù, il Re eterno. Chi possiede oggi il coraggio tra i nostri governanti o i nostri Vescovi o Sacerdoti di ergersi contro questi oltraggi alla legge divina, ma soprattutto al nostro Re? Dov’è lo spirito che abbiamo visto cento anni fa in Messico, lo spirito dei Cristeros che si sono opposti al regime anticattolico dello Stato, che prestarono giuramento di fedeltà a Cristo Re e alla SS. Vergine di Guadalupe, ricevettero il Crocefisso al collo per mano del Sacerdote e salutarono i compagni col saluto: «Arrivederci in Paradiso» come preludio al loro martirio?
E il loro capo gridava con tutte le forse che aveva in corpo: «Non voglio combattere, né vivere, né morire, se non per Voi e per la Vostra Chiesa. Madre Santa di Guadalupe, concedetemi che il mio ultimo grido sulla terra ed il mio cantico nel Cielo sia: Viva Cristo Re!».
Sia lodato Gesù Cristo.