Preghiera e Liturgia

Vescovi e Sacerdoti Defunti 2019

DonBosio1«Il celebrante del Sacerdozio di Cristo nella Liturgia».
Funerale di Mons. Luigi Bosio Cattedrale di Verona gennaio 1994.


Vorrei che nell’oggi della storia, del quale non possiamo spostare indietro le lancette dell’orologio del tempo, ci fermassimo ancora davanti alla realtà della morte ravvivando in noi il dolore per i nostri Defunti, per le persone che ci sono state vicine, ci hanno fatto del bene. Preghiamo oggi nel nostro cuore per chi ha impiantato la fede nella nostra Chiesa di Verona: penso specialmente ai Vescovi, Sacerdoti, Diaconi che nel tempo hanno trasmesso il testimone della fede in questa nostra Chiesa diocesana ma penso anche alle religiose defunte e a tutte le persone che in qualche modo ci hanno donato la fede. I Pastori, che ricordiamo al Signore e che affidiamo ancora una volta alla Misericordia di Dio, pur con le loro fragilità, hanno speso la vita per trasmettere lungo i 2000 anni di storia della Chiesa, la verità. 
Noi siamo loro grati e li presentiamo al Signore che li ama con fedeltà. Ecco l’omelia pronunciata in Cattedrale da Mons. Alberto Piazzi in occasione del funerale di Mons. Luigi Bosio, Sacerdote e Parroco di Verona, mancato il 27 gennaio 1994 a 85 anni.

Se io volessi riassumere in una sola definizione la figura e l’opera di Mons. Luigi Bosio, direi che egli fu «il celebrante del Sacerdozio di Cristo nella Liturgia». La liturgia della Chiesa contiene una riserva enorme di pedagogia umana, di orientazione cristiana, di scuola di vita. Essa, che è la prima ed indispensabile fonte, dalla quale i fedeli possono attingere il genuino spirito evangelico, ci insegna a vivere, ci fa vivere, come uomini e come cristiani, nella dimensione compiuta della fede e della carità. In essa viene realizzata la santificazione dell’uomo e viene esercitato il culto. Don Luigi Bosio è stato maestro e ministro della liturgia nelle parrocchie dove esercitò la sua missione sacerdotale e soprattutto a Belfiore d’Adige 1940-1969 dove ideò e realizzò la nuova chiesa parrocchiale, curandone la struttura, la disposizione dei percorsi interni, la collocazione degli arredi in modo che tutto servisse alla pedagogia della fede, che tutto si integrasse in quella azione dove Cristo è il principale celebrante e dove il sacerdote e i fedeli concorrono, prestando i gesti, le parole, il canto a rendere visibile il mistero da cui promanano grazia e salvezza. A Belfiore – mi disse il parroco attuale – è ancora viva la memoria e la venerazione di don Luigi, che preparava con tanta cura le sacre celebrazioni, che insegnava con passione e competenza il canto gregoriano, che, nella predicazione e nella catechesi, faceva costante riferimento ai contenuti della liturgia eucaristica e ai santi sacramenti, e contribuì, con tale metodo, a porre in tanti fedeli le basi di quella formazione spirituale non effimera che conferisce solidità alla fede e continuità alla testimonianza.


Nel 1970 don Luigi fu nominato Canonico del Capitolo della Cattedrale dove consacrò se stesso, il suo tempo e il suo impegno nel celebrare prevalentemente il Sacramento della Riconciliazione e la direzione spirituale, ponendosi con amore accanto a quanti accorrevano a ricercarne il singolare carisma di comprendere, di discernere, di illuminare. Il discernimento degli spiriti è l’intima cognizione dell’opera di Dio nel cuore degli uomini: dono dello Spirito Santo e frutto della carità, cui egli si preparava, affinando la naturale sensibilità mediante lo studio assiduo delle Sacre Scritture, dei testi dei Padri e del magistero della Chiesa e soprattutto mediante la preghiera. E così, ricco di scienza e di prudenza, svolgeva la sua missione, rivelando agli uomini il cuore misericordioso del Padre e impersonando l’immagine del Cristo Buon Pastore. Dava l’impressione, avvicinandolo, di conversare con una persona sempre assorta e sempre presente. Gentile e discreto, dimostrava immediata comprensione dei problemi e dei sentimenti dell’interlocutore e offriva ponderate risposte mutuate spesso da citazioni bibliche, soprattutto dei libri sapienziali, del cui studio la sua mente e la sua fede si dovevano nutrire giorno e notte e che aveva assimilato in profondità, non solo a livello conoscitivo e culturale.

Mons. Bosio celebrò anche la liturgia della sofferenza. L’altare, mensa della sacra cena, rimane anche il centro dell’azione nella quale si rinnova il sacrificio della croce; e se ogni cristiano e, a maggior ragione, ogni Sacerdote si conforma a Cristo anche nella dimensione del dolore, non mancarono anche per lui i momenti della sofferenza morale e fisica. La sua ultima malattia fu lunga e dolorosa. Sopportò con infinita ed edificante pazienza il male che travagliava il suo corpo rendendone sempre più insicuro il passo, sempre più esile la figura, sempre più flebile la voce. Sul letto dell’ospedale celebrò la sua ultima Messa nel segno dell’offerta che concludeva un’esistenza interamente offerta a Dio e divenuta, in quell’istante, la vittima che si immola; nel segno della consacrazione che trasformava la precarietà e l’imperfezione della vita presente nella perennità della radiosa vita futura, nel segno della comunione che celebrava finalmente il ricongiungimento e il possesso con il suo Signore, alfa e omega di tutte le cose, al quale «omnis caro veniet».

Il 1° luglio scorso (Festum votivum Pretiosissimi Sanguinis) ricevetti in dono due volumi, in ognuno dei quali Mons. Bosio scrisse una dedica composta con citazioni bibliche che interpretai come un saluto di addio e un suo testamento spirituale, di cui mi permetto di citare alcuni passi:

Charitas, principium et consummatio omnium. Vita mea in Maria.
La carità, principio e fine di ogni cosa. La vita mia in Maria.


In pace silentii mei, in charitate multa.
Vivo nella pace del mio silenzio, con tanto amore.

Poi una frase quanto mai teologicamente significativa dello stesso Agostino:
Bonum gratiae eius maius est quam bonum naturae totius universi.
Il bene della sua grazia è maggiore ad ogni bene di natura.

Jesus fatigatus ex itinere… Tibi fatigatus est Jesus… mihi fatigatus est Jesus: usque ad Eucharistiam. In finem. Gesù affaticato dal viaggio… per te… per me, fino all’offerta eucaristica. Amen.
Certamente, quell’IN FINEM scritto a stampatello, a me parve che si potesse leggere: CONSUMMATUM EST.

Con questa liturgia di suffragio, Sacerdoti e laici della Chiesa veronese, i Canonici del Capitolo della Cattedrale, insieme col loro Vescovo, danno l’ultimo saluto a Mons. Luigi Bosio, lo affidano alla misericordia del Signore, nella certezza che la sua memoria rimarrà in benedizione nel cuore e nell’anima di tanta gente. Con lui scompare uno dei Sacerdoti della vecchia generazione, educati e formati secondo i modi e nello spirito di una antica tradizione, con insegnamenti collaudati e immutati per secoli che, nonostante oggi si considerino del tutto superati – e in alcuni aspetti certamente lo sono – hanno funzionato e prodotto grandi frutti. L’educazione del seminario, improntata all’austerità, alla rinuncia, all’obbedienza, confrontata poi sul campo della vita pastorale in cui si verificano situazioni difficili, disagevoli, insieme anche alle consolazioni non indifferenti che provengono dalla consapevolezza di vivere una grande importante missione, per la quale, agendo in persona Christi, il sacerdote si sente strumento e veicolo dello Spirito Santo nel dispensare i misteri di Dio; consolazioni che provengono dall’esempio edificante delle persone giuste che vivono di fede e sopportano in umiltà e pazienza il peso del proprio lavoro e della loro sofferenza; consolazioni dalle assemblee liturgiche, dalle celebrazioni dell’Eucaristia, nelle quali il prete, unito, direi quasi sposato alla sua famiglia ecclesiale, rimedita in sincerità gli insegnamenti della Scrittura e riassapora il gusto della preghiera comunitaria… ebbene quella educazione, quella preparazione umana, culturale ed ascetica hanno contribuito in maniera determinante a donare alla Chiesa di San Zeno sacerdoti esemplari, fedeli e solidi in quelli che sono e che rimangono i principi immutabili di verità, orientativi della vita cristiana, attivi e presenti nella vita comunitaria e sociale della loro gente, secondo uno stile proprio di una pastorale e di una spiritualità non prive di connotazioni peculiari di veronesità. Fra di essi, pur nei limiti e nelle carenze che accompagnano da sempre persone e istituzioni, anche le più sante, si colloca certamente la figura di Don Luigi Bosio per il quale e al quale affidiamo la nostra preghiera affinché la sua memoria e il suo esempio, testimoniato soprattutto dalla sua fede e dal suo spirito di preghiera, continuino a produrre in tutti, Sacerdoti e laici, frutti copiosi di bontà e di santità.

Mons. Alberto Piazzi.

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