Omelie

2 del Tempo Ordinario 15 Gennaio 2017

1Corinzi IntroduzioneDa oggi e fino all'inizio del Tempo Sacro della Quaresima, ho fatto una scelta particolare per l'Omelia Domenicale: rifletteremo insieme sui primi 4 capitoli che la liturgia ci offre nella seconda lettura e cioè la Prima Lettera ai Cristiani della città di Corinto. Scopriremo una comunità viva, ma anche con tanti problemi e tante domande sul come vivere la fede in Cristo Gesù. Corinto diventa allora lo specchio di tutte le comunità cristiane di ogni luogo e di ogni tempo.

I pericoli di una grande città
Paolo arriva a Corinto intorno all’anno 50, durante il suo secondo viaggio missionario. Corinto è una città con più di mezzo milione di abitanti, per la maggior parte schiavi. La miseria di questi ultimi contrasta con la ricchezza scandalosa di una minoranza privilegiata. A causa della sua collocazione geografica fra due mari -l’Adriatico e l’Egeo - Corinto è un importante centro commerciale frequentato da mercanti di tutto il Mediterraneo: Romani, Siriaci, Palestinesi, Egiziani. I culti pagani hanno a Corinto i loro templi. Il più importante è il culto di Afrodite, la dea protettrice della città. La corruzione dei costumi è tale che “vivere come a Corinto” è diventata una espressione proverbiale per indicare una vita sregolata. La religione è un intreccio di credenze greche, romane, egiziane e orientali. In modo particolare sono diffuse le credenze e i culti che nascono da un profondo desiderio di salvezza.

Una comunità difficile
Paolo rimane impressionato da questo ambiente e dall’opposizione che subito incontra fra i Giudei. Come era accaduto in diverse occasioni agli antichi profeti, in visione il Signore lo incoraggia e gli promette il suo aiuto. Paolo rimane a Corinto per un anno e mezzo. La sua predicazione ha successo soprattutto fra i poveri e gli schiavi senza speranza. La comunità cristiana cresce rapidamente. Paolo abbandona Corinto nell’anno 52. Lascia una Chiesa solida e sostenuta da speciali doni dello Spirito Santo, che le sono stati conferiti perché possa far fronte alle difficoltà della vita nella grande città pagana. L’Apostolo ha molto affetto per questi cristiani, nonostante i dispiaceri che gli danno. Non si disinteresserà mai dei loro problemi, anzi li vivrà intensamente e cercherà di contribuire a risolverli, sia per lettera che recandosi di persona a far visita alla comunità.

Divisioni nella comunità di Corinto
Poco dopo la partenza di Paolo nell’anno 52, giunge a Corinto un giudeo di Alessandria, la cui formazione cristiana è stata completata ad Efeso da Aquila e Priscilla. Si chiama Apollo. La sua eloquenza contrasta con lo stile poco brillante di Paolo. I cristiani di Corinto si dividono: alcuni si dichiarano seguaci di Paolo, altri di Apollo, di Pietro o di Cristo. Apollo lascia Corinto e ritorna ad Efeso, dove si trova Paolo.

Quando la fede si inserisce in una cultura diversa
La Prima Lettera ai Corinzi è un documento unico per la possibilità che ci offre di seguire da vicino la vita concreta di una comunità cristiana, la cui fede cresce e si sviluppa fra gravi difficoltà. Verso la metà del primo secolo tutto è in fermento nell’impero romano, in modo particolare nel campo della religione. In modo parallelo vi è una attrazione esercitata dalle aperture della civiltà ellenistica e si va diffondendo fra la gente un acuto senso di insicurezza nella vita. Il timore della potenza dell’ignoto invade i cuori. Filosofi, politici, astrologi, sacerdoti e maghi di ogni genere annunciano dappertutto la salvezza. I neo convertiti di Corinto hanno condiviso con i loro contemporanei la stessa ansia di liberazione e la stessa aspirazione alla salvezza. È probabile che abbiano sperimentato tutto questo più intensamente di tanti altri, dal momento che vengono da un ambiente sociale particolarmente esposto all’oppressione dei potenti e al cieco fluttuare degli avvenimenti storici. Forse hanno aderito con entusiasmo al Cristo proprio per sentirsi liberi dalla forza ineluttabile del destino e della paura. Le difficoltà che i cristiani di Corinto si trovano a dover affrontare hanno tutte la stessa radice. Anche per questo la Lettera rappresenta una notevole unità. Il problema di fondo è quello di salvaguardare la fede cristiana e di mantenere inalterato il messaggio del Vangelo all’interno di una società invasa da “dottrine di salvezza”. Nel caso della comunità di Corinto si registrano senza dubbio delle alterazioni, anzi, dei travisamenti radicali nel modo di concepire la dottrina della salvezza, lo Spirito e i suoi doni, la vita cristiana, la Risurrezione del Signore e la signoria del Cristo, vincitore della morte e del demonio. In linea di principio, Paolo accetta la cultura ellenistica come una realtà in cui può incarnarsi la fede cristiana. Rendendosi conto della forma particolare che questa fede ha assunto presso i cristiani di Corinto, l’Apostolo esprime un giudizio critico nei confronti dell’ambiente religioso ellenistico e condanna comportamenti e interpretazioni in contrasto col Vangelo, senza tralasciare nello stesso tempo di accettare ciò che non è incompatibile con esso. La soluzione di Paolo vale per tutti i tempi, perché il problema dei Corinzi è il problema di tutti i cristiani, che nelle diverse epoche della storia devono convivere con culture pagane o solo apparentemente cristiane.

Le esigenze di una fede vissuta nella realtà quotidiana
Per avere un’idea del contenuto della Lettera ai passeremo in rassegna i problemi affrontati dall’Apostolo, diversi per importanza e per lo spazio che viene loro dato. Questo ci aiuterà ad individuare lo schema della Lettera e soprattutto ci farà vedere in maniera viva come i cristiani di qualsiasi epoca e devono chiedersi in ogni momento se mantengono il nucleo originale e fondamentale della propria fede, quando per annunciarla, per rendere ragione di essa o per tradurla nella pratica quotidiana si servino di filosofie, di rappresentazioni, di ideologie, di valori e di modelli di comportamento di una determinata cultura. A volte la terminologia e i valori sembrano gli stessi, ma nella prospettiva del Vangelo assumono un altro contenuto.
I cristiani di Corinto non possono proclamarsi seguaci di alcuni in contrapposizione ad altri; non possono creare partiti e gruppi settari all’interno della comunità di fede, perché tutti sono stati battezzati nel Cristo Gesù. In questo non devono imitare i pagani, che si raccolgono intorno a vari “maestri” di sapienza. La sapienza cristiana è un dono dello Spirito di Dio e non un frutto dello sforzo umano.
I cristiani di Corinto non possono vivere la sregolatezza sessuale tipica della società che li circonda, perché ciò è in contrasto con la vita nuova animata dallo Spirito che hanno ricevuto. Ma non devono nemmeno arrivare al disprezzo del corpo insegnato da certi filosofi e da certe correnti religiose del tempo. I Corinzi sbagliano quando collocano il matrimonio e la vita su questa terra al di fuori delle prospettive della salvezza portata dal Signore Risorto. Ciò significherebbe cercare di sfuggire alle condizioni in cui si svolge la vita reale degli uomini. Paolo addita ai Corinzi la dignità del matrimonio e le grandezze della verginità.
I cristiani di Corinto devono imparare a distinguere quello che pregiudica la loro vita cristiana, da quello che invece è indifferente sul piano della fede.
I cristiani di Corinto devono far sì che le loro assemblee liturgiche rispecchino l’originalità serena e gioiosa del mistero che celebrano, rendendosi ben lontani dai disordini, dagli abusi e dalle ubriacature tipiche delle riunioni pagane. Paolo sottolinea con forza che nella comunità devono regnare l’armonia e la pace, perché questo è il carattere proprio del cristianesimo, espresso in modo sacramentale nell’Eucaristia.
I cristiani di Corinto apprezzano i doni dello Spirito. Anche Paolo li apprezza, ma a partire da una concezione del tutto diversa della vita cristiana. I Corinzi ricercano i doni che li fanno evadere dalla vita presente. Fanno riferimento senza dubbio al Signore Risorto, ma quest’ultimo, per loro, ha ben poco a che vedere con Gesù Crocifisso. Hanno diviso il Cristo. Si uniscono al Signore Risorto, ma dimenticano Gesù Crocifisso, che è venuto nell’umiltà, è passato sanando e si è fatto servo degli uomini fino a morire sulla croce per salvarli. Confondono la partecipazione alla grazie del Cristo e dello Spirito con un’esistenza libera dagli impegni semplici e concreti di ogni giorno. Vivono in una specie di “estasi” che li separa dal mondo e dai compiti che devono svolgere in esso. Per Paolo, invece, i carismi o doni dello Spirito sono finalizzati ad un servizio da compiere per il bene degli altri. La carità rimane sempre il criterio fondamentale e il dono più grande. La vita cristiana si svolge nella sofferenza e nella quotidianità, non in una sfera separata dal mondo.

I morti risuscitano?
Questo interrogativo mette in luce il pericolo per la fede cristiana della mentalità dualista della religione greca, così poco propensa ad accettare l’idea di una risurrezione dei corpi. Paolo la afferma senza mezzi termini. Per lui, se i morti non risorgono, neanche il Cristo è risorto. E se il Cristo non è risorto, la nostra fede è vana. Il cristiano vive fin d’ora nello Spirito del Signore, ma la sua consacrazione battesimale non realizza ancora pienamente la vita nuova che in germe Dio gli ha donato. Di conseguenza il cristiano, anche se vive già come un uomo risorto, attende ancora la trasformazione piena di una risurrezione gloriosa in cui troverà la vera e definitiva liberazione.

Costruire la Chiesa di Dio che è in Corinto
La Prima Lettera ai Corinzi mette costantemente in luce il fatto che Paolo si rivolge a cristiani che non hanno compreso correttamente il mistero della loro esistenza nel Cristo e, di conseguenza, conducono una vita cristiana falsata. Credono che la vita del Risorto sia già pienamente realizzata in loro, dal momento che in Cristo possiedono la sapienza che salva, si sentono sciolti da ogni vincolo e liberi di fare qualsiasi cosa. Il Regno appartiene a loro, quindi si ritengono padroni assoluti di se stessi, del prossimo, dell’universo. Neppure l’autorità della Chiesa viene riconosciuta dai cristiani di Corinto. Essi sostengono che la loro vita cristiana si fonda sull’esperienza diretta dello Spirito Santo che Dio ha dato a ciascuno dei credenti. Non pensano che hanno ricevuto la fede attraverso la predicazione del Vangelo che Paolo ha annunciato loro. Ogni sapienza che il cristiano riceve da Dio presuppone infatti l’obbedienza della fede e a questo messaggio di salvezza che nessuno può cambiare. Per questo i cristiani di Corinto si scontrano violentemente con la sapienza della Croce. Pensando inoltre che l’essere cristiani sia solo una questione spirituale, essi eliminano praticamente tutte le ripercussioni della fede sulla vita quotidiana. Sicuri di essere perfetti perché conoscono Dio e hanno ricevuto lo Spirito che dà salvezza, non si preoccupano più del rischio di non cadere nel peccato. Queste sono le convinzioni distorte dei cristiani di Corinto.
Ai nostri giorni forse la lista potrebbe essere molto più lunga…
Di fronte a tale situazione concreta, Paolo si rivolge con amore, ma anche con una fermezza e una pazienza senza pari nella comunità di Corinto. Una cosa sola gli sta a cuore, uno solo è l’obiettivo che vuole raggiungere scrivendo questa bellissima lettera: costruire la Chiesa di Dio che è in Corinto, per farne una Chiesa che vive in Cristo e nello Spirito ma nello stesso tempo sa impegnarsi seriamente nel mondo.

Non c’è niente di meglio della meditazione di questo appassionato documento per mantenere nella sua integrale purezza una fede cristiana anche oggi esposta all’influenza di ideologie estranee ad essa. Agli abitanti di Corinto, che si dividono opponendosi i diversi maestri e i loro talenti umani, Paolo ricorda che c’è un solo maestro, Cristo; un solo messaggio, la salvezza mediante la croce; e che lì si trova la sola e vera sapienza.

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